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Economia e lavoro | 16 giugno 2021, 16:15

Rapporto CNEL: il Covid ha ampliato divario tra Nord e Sud sulle aspettative di vita

Il Professor Giuseppe Speziale: 'Fare sanità al sud è un’opera sociale e culturale, oltre che medica'

Rapporto CNEL: il Covid ha ampliato divario tra Nord e Sud sulle aspettative di vita

Secondo la Relazione 2020 del Consiglio nazionale per l’Economia e il Lavoro (CNEL) al Parlamento e al Governo sui livelli e la qualità dei servizi offerti dalle Amministrazioni pubbliche centrali e locali alle imprese e i cittadini “l’emergenza Covid ha prodotto una pressione sulle strutture sanitarie ma anche sui carichi di lavoro del personale, sulla tutela delle categorie di utenza più fragili, sulla continuità assistenziale per i pazienti cronici e disabili, sui programmi di screening, nonché in termini di benessere psicologico e di prevenzione del disagio psico-sociale, molto pesante”.

La pandemia ha accentuato in maniera preoccupante il divario tra Nord e Sud per quanto riguarda la speranza di vita: mentre a livello nazionale tale aspettativa è tra le più alte d’Europa, a livello locale, invece, ci sono profonde differenze tra le città settentrionali e le città del Mezzogiorno, nelle quali l’aspettativa è più bassa di 3 - 10 anni. Inoltre la spesa sanitaria pubblica pro capite, con una media nazionale di 1.838 euro annui, al Sud è di gran lunga inferiore: in Calabria si attesta a 1.725 euro mentre a Bolzano a 2.255 euro.

A pagare il prezzo più alto dell’emergenza sanitaria e del divario crescente tra Nord e Sud sono stati i pazienti affetti da patologie pregresse diverse dal Covid. Dall’inizio della pandemia, infatti, il numero dei decessi tra tali pazienti, e nello specifico per coloro che sono affetti da malattie polmonari, patologie del sistema immunitario, diabete o malattie cardiache, sono notevolmente aumentati.

Per quanto riguarda le malattie cardiache - ha affermato il Professor Giuseppe Speziale, cardiochirurgo di fama internazionale, specializzato nel trattamento chirurgico mininvasivo delle patologie valvolari, esperto in riparazione mininvasiva della valvola mitrale, autore di oltre 6 mila interventi, tra cui oltre mille di chirurgia mininvasiva mitralica isolata - voglio fornire un dato a livello generale. Non intendo fare paragoni impropri, voglio solo che l’opinione pubblica si renda conto della reale estensione del fenomeno. Si parla molto, e giustamente, della sciagura causata dagli oltre 100 mila morti per Covid, un numero enorme, una tragedia che non devo essere io a spiegare. Tuttavia, in Italia abbiamo ogni anno circa 250 mila morti per malattie cardiovascolari, molti dei quali per malattie valvolari”.

Qual è la reale diffusione delle patologie valvolari in Italia?

Le patologie valvolari sono assai frequenti - ha ribadito il Professor Giuseppe Speziale - anzi, possono essere considerate le malattie cardiache più frequenti nel nostro Paese. Se ne parla poco, rispetto a eventi traumatici come l’infarto, è perché nel caso delle patologie valvolari manca il carattere dell’urgenza. L’infarto è una patologia che sorprende, è acuta, necessita di azione immediata mentre le patologie valvolari hanno un decorso molto più lento, ma non per questo sono meno gravi, visto che nel lungo periodo possono risultare fatali. Purtroppo, questa sottostima mediatica delle patologie valvolari si rivela essere la loro migliore alleata: molte persone a rischio non si sottopongono a controlli periodici, e questo può avere conseguenza assai serie”.

Per quanto concerne il nostro Sistema Sanitario, durante la pandemia cosa sarebbe potuto accadere di diverso?

Da un punto di vista Istituzionale - ha precisato il Professor Giuseppe Speziale - mi sarei aspettato che durante la pandemia, essendo vietata la mobilità regionale, non si sarebbe parlato di tetti di spesa. Mi sarei aspettato, insomma, che lo Stato avrebbe incentivato una volta per tutte una Sanità basata sul potenziamento del territorio. Se questo non è avvenuto, è perché credo si aspetti che passi la pandemia per ristabilire il flusso verso il nord. Attenzione: non è una questione politica. I Governi passano e sono anche formati da persone per bene. È una questione dei cosiddetti “poteri forti”: la sanità rappresenta una miriade di interessi economici che fanno gola a molti, e le regioni del sud sono poco rappresentate, finendo strangolate dal sistema”.

Eppure, nonostante le difficoltà riscontrate al sud e pur rappresentando Lei una delle più grandi eccellenze a livello internazionale nel campo della cardiochirurgia, ha comunque deciso di trascorrere la sua vita professionale interamente nel sud Italia. Una scelta sicuramente in controtendenza.

Fare sanità al sud è difficile, ma non passa giorno che io non sia soddisfatto della mia scelta - ha affermato il Professor Giuseppe Speziale - Se guardiamo al panorama italiano, abbiamo Milano che attrae perché’ “l’effetto città” pesa molto su quella che è la carriera di un chirurgo. Parametri quali la fama di un ospedale, o la sua capacità di penetrare mediaticamente nel tessuto sociale, hanno innegabilmente una certa attrattiva. In Italia, inoltre, abbiamo questa mentalità che vede una distinzione netta tra la Lombardia e tutto il resto, spia di una sottocultura che si è andata determinando a prescindere da tutto. Si è creata questa idea, nell’opinione pubblica, per cui sembra che esista solo la Lombardia, e in particolare Milano, e tutto il resto della Sanità italiana, pubblica e privata, sia figlia di un dio minore”.

Le cose non stanno così - ha proseguito il Professor Giuseppe Speziale -. A Bari, in Puglia, dove lavoro, ho trovato anni fa la possibilità di fondare un centro e di costruirlo nel migliore dei modi. E sono rimasto sorpreso dalla voglia di fare, di riuscire, dall’orgoglio del personale medico e non-medico, dalle loro capacità e dalla loro dedizione per ottenere il risultato voluto. La verità è che ci sono molte strutture al sud che non hanno nulla da invidiare a quelli del nord, e infatti ultimamente, l’idea che la sanità al sud sia inferiore sta finalmente scomparendo”.

Cosa si potrebbe fare per migliorare lo stato delle cose?

Servirebbe un maggiore sforzo da parte delle Istituzioni, della politica nazionale e dei media. Fare sanità al sud è un’opera sociale e culturale, oltre che medica: al sud non dobbiamo costruire solo infrastrutture ma anche dare forza al settore sanitario, che è il settore tra i più trainanti – del resto l’85% del bilancio delle regioni proviene dalla Sanità”.

Oltre all’attività di cardiochirurgo, lei collabora anche con uno dei gruppi più importanti del settore sanitario. Qual è il suo rapporto con GVM Care & Research?

Io sono Vicepresidente GVM Care Research, un gruppo ospedaliero italiano presente in dieci regioni, oltre a 4 nazioni, un qualcosa di unico che non ha nulla a che vedere con i suoi competitor concentrati di solito in una sola regione, o poco più.

I nostri ospedali hanno tu un fortissimo legame con il territorio, nelle nostre corsie si respira un senso di appartenenza unico. Ci si sente parte di un unico ospedale, italiano ma internazionale nelle esperienze, senza barriere, senza stereotipi. Superiamo, in questo modo, i campanilismi figli della sottocultura della divisione, mettendo al centro il sistema Paese ma soprattutto il paziente, che può non solo pensare ma fattivamente essere curato e seguito vicino a casa sua” - ha concluso il Professor Giuseppe Speziale.


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