Ci sono figure destinate ad essere ricordate per sempre: una di queste è quella di Emanuele Artom, partigiano torturato e ucciso dai nazifascisti nel 1944 al carcere “Le Nuove” di Torino. La Comunità Ebraica lo ha celebrato questa mattina, insieme agli alunni di diverse scuole torinesi, con la tradizionale marcia dal binario 17 di Porta Nuova (tristemente noto perché da lì partivano i convogli di deportati diretti ai campi di concentramento e sterminio, ndr) a piazzetta Primo Levi, davanti alla sinagoga.
Dalla paura alla speranza
Il tema assegnato alla marcia è stato 'Dalla paura alla speranza', quest'ultima minata dai recenti avvenimenti in Ucraina: “Questa occasione - ha sottolineato il presidente della Comunità Ebraica torinese Dario Disegni – ci dà la possibilità di riflettere sul nostro passato e sulle violenze del nazifascismo ma anche su una guerra che, a 75 anni dal conflitto mondiale, ha visto l'aggressione di una grande potenza nei confronti di un paese democratico e amante della propria indipendenza. La figura di Artom e il suo diario non hanno solo un valore documentario ma possono anche essere uno strumento di disciplina morale: il suo coraggio può essere d'esempio verso una società più libera e giusta”.
Le istituzioni tra giovani e Resistenza
Anche le istituzioni non hanno voluto far mancare la propria presenza. La vice-sindaca Michela Favaro si è rivolta in particolare ai più giovani: “L'escalation di atrocità di queste settimane - ha affermato – sta dimostrando ulteriormente l'importanza della memoria: sta a voi, che siete il futuro, portarla avanti. L'insegnamento più grande lo potete trovare proprio al binario 17 di Porta Nuova, laddove centinaia di bambini e ragazzi come voi venivano deportati. Il valore di questa città, oltre che dalla Resistenza, è dimostrato dalle gare di solidarietà per aiutare l'Ucraina”.
Il vice-presidente del Consiglio regionale Daniele Valle si è invece concentrato sulla Resistenza: “Non dobbiamo smettere di ringraziare – ha aggiunto – chi ha avuto il coraggio di fare la scelta di prendere le armi e rischiare la pelle per la libertà: oggi si parla tanto di patto generazionale ma l'alleanza che hanno saputo costruire giovani e adulti all'epoca per un'ideale più grande ci ricorda che dobbiamo impegnarci per essere costruttori di pace e fratellanza”.
In conclusione, le scuole partecipanti – tra cui quella ebraica intitolata allo stesso Artom – hanno letto alcuni passi del diario scritto tra il 1940 e il 1944, eccezionale testimonianza sulla persecuzione razziale e sulla lotta partigiana.