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Economia e lavoro | 18 maggio 2022, 06:06

Monte dei pegni di Torino: allarme dei sindacati dopo l'esternalizzazione del servizio

Borgia (Fisac Cgil): "Chiediamo a Intesa Sanpaolo di far rientrare gli addetti passati alla società esterna"

La sede del Monte dei pegni in via Monte di Pietà

Persone in coda davanti al Monte dei Pegni di Torino

Maggiore trasparenza ed eticità in un ambito così particolare come quello del Monte dei Pegni, luogo in cui si recano quotidianamente e si mettono in coda le persone più fragili, in grande difficoltà economica.

Succede in via Monte di Pietà, dove da oltre due anni Intesa San Paolo ha ceduto a una società esterna al gruppo (costituita per l'occasione) la gestione dell'attività di chi porta in pegno dei propri beni in cambio di denaro. Una situazione che ha visto fin da subito la contrarietà di Cgil e Fisac Cgil, che hanno segnalato un peggioramento delle condizioni di attività.

E che oggi tornano alla carica, chiedendo una presa di posizione al Comune e alla stessa Intesa Sanpaolo: “La Fisac Cgil è da sempre contraria a questo tipo di esternalizzazioni - dichiara Cinzia Borgia, segretaria Generale Fisac Torino e Piemonte - e ora che per IntesaSanpaolo diventa nuovamente strategico il business dei pegni, con l’annuncio di un’operazione di valorizzazione di quelli ereditati da Ubi, chiediamo un immediato ripensamento dell’operazione di cessione del 2020 con rientro di tutti i colleghi e le colleghe ceduti”.

Peraltro, ci sarebbe anche un precedente che lascia ben sperare. Come spiegano ancora dal sindacato: "Il Gruppo ha già fatto un’operazione del genere tornando indietro su una cessione di ramo fatta da Ubi ad Accenture poco prima dell’acquisizione da parte di IntesaSanpaolo. I colleghi sono stati reinternalizzati. Quindi nulla vieta di ammettere il cambio di strategia e ripetere l’operazione".

"Le cessioni di ramo, come l’esempio concreto del Monte Pegni ci fa capire - concludono i rappresentanti dei lavoratori - pur facendo un buon accordo sindacale per gestire le ricadute occupazionali e mantenere il contratto del credito, rappresentano sempre cessioni ad aziende non proprie del settore del credito, che poi tendono a non applicare correttamente il contratto o a non ottemperare agli accordi di secondo livello".

Massimiliano Sciullo

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