Lo chiamano "inverno demografico", ma - contrapposto al clima impazzito di un'estate che non sembra finire - spaventa nella stessa maniera in vista del futuro. Perché fare meno figli, o non farne affatto, non sta diventando solo un problema sociale, ma anche un problema economico.
Ad accendere i riflettori sul tema, questa mattina, è stata Api Torino, la sigla che rappresenta le piccole e medie imprese della città della Mole e della provincia. "Si tratta di una valanga i cui effetti saranno dirompenti se non si farà nulla per fermarla", dicono i rappresentanti delle pmi. E in partiolare il presidente, Fabrizio Cellino: "Il calo demografico non è un tema di attualità, ma un problema strutturale – ha detto -: uno Stato il cui trend demografico è strutturalmente in calo è uno Stato non attrattivo. E’ quanto sta accadendo all’Italia. In prospettiva avremo meno consumatori, carenza di forza lavoro, sempre più crescenti spese sanitarie e sociali per una numerosa popolazione anziana, quindi anche un livello di tassazione più elevato. E’ evidente che non bastano politiche per incrementare la natalità, ma occorrono anche interventi a breve-medio periodo che riescano a dare continuità di forza lavoro alle imprese”.
Insomma, chi si ferma a pensare alla "base" pensionistica pecca di approssimazione. "In gioco c’è la prospettiva di sviluppo delle nostre imprese, di assetto sociale del nostro Paese, di capacità di rinnovamento del nostro sistema economico”, ha specificato Cellino.
Il ministro Roccella: "Serve uno sforzo da parte di tutti"
Sul tema si è pronunciata anche la ministra Eugenia Maria Roccella, in collegamento video (una delle ultime volte che venne a Torino di persona subì una pesante contestazione al Salone del Libro di Torino): “Il tema del calo demografico ha effetti immediati, ma per molto tempo non se ne è parlato abbastanza. Oggi va affrontato con decisione con uno sforzo da parte di tutti. C'è un problema di pari opportunità, e quindi di cultura, ma anche di politiche a sostegno della maternità".
Un probema di resilienza per le aziende, non solo pensionistico
Ma il problema, ormai, è talmente presente che qualunque rimedio non avrebbe comunque effetto se non a medio termine. Come ha spiegato Santo Rizzo di Deloitte: “Qualunque azione intrapresa per incentivare la natalità non apporterebbe comunque alcun beneficio nei prossimi 20 anni al sistema economico e produttivo. Entro il 2040 si stima una perdita di oltre 4,5 milioni di lavoratori in mancanza di fattori correttivi. Questa contrazione naturale sarà dovuta alla differenza che annualmente avremo tra quanti matureranno i requisiti per la pensione e coloro che si affacceranno per la prima volta al mondo del lavoro. Non sarà quindi semplice per le imprese essere resilienti di fronte a questa grave carenza di forza lavoro che toccherà tutti i settori. Tuttavia, molte sono le azioni che le imprese possono iniziare ad attuare: da politiche di fidelizzazione del personale attraverso strumenti di welfare aziendale e migliori salari per trattenere le competenze in azienda e in Italia, all’utilizzo delle nuove tecnologie per aumentare la produttività fino all’esternalizzazione di parti di valore aggiunto”.
La risposta del welfare aziendale
Una delle possibili risposte potrebbe trovarsi anche nel welfare aziendale, che permetta ai lavoratori di conciliare meglio vita professionale e vita privata. Come ha detto Tiziana Lamberti di Intesa Sanpaolo: "I piani di welfare aziendale sono anche volano di sviluppo economico, stimolo all’incremento della produttività, facilitatore del dialogo tra azienda e lavoratori, e strumento di rafforzamento del rapporto con il territorio di riferimento. In collaborazione con la nostra Divisione Insurance, abbiamo infine attivato un ecosistema di prodotti e servizi pensato per la clientela senior, ed i caregiver che li assistono”.