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Attualità | 25 dicembre 2023, 12:24

Luci d'Artista: una storia d'arte contemporanea che Torino scrive ormai da un quarto di secolo

La tradizione, iniziata nel 1998, è nata da un'intuizione dell'allora assessore Fiorenzo Alfieri. Un evento che finisce per illuminare anche le Feste di Natale

luci d'artista

La tradizione delle Luci d'Artista si rinnova ormai da 25 anni

Passeggiando per le vie del centro e non solo, a partire dall'inaugurazione della settimana dell'arte e per tutto il periodo natalizio, sollevando lo sguardo non si può non rimanere incantati dalle "Luci d'artista", installazioni luminose d'arte contemporanea nate ben 25 anni fa, nel 1998.

L'allora assessore comunale Fiorenzo Alfieri ebbe l'idea di illuminare la città con vere e proprie opere d'arte ideate da artisti contemporanei che fossero riutilizzabili negli anni.

Per l'occasione vennero invitati 12 artisti già noti al grande pubblico (Vasco Are, Enrico De Paris, Francesco Casorati, Richi Ferrero, Emanuele Luzzati, Carmelo Giammello, Luigi Nervo, Luigi Mainolfi, Luigi Stoisa, Mario Molinari, Giulio Paolini, Francesco Tabusso) insieme a due giovani emergenti, Enrica Borghi e Domenico Luca Pannoli, questi ultimi selezionati mediante un concorso nazionale di idee.

Il primo "esperimento" in questo senso fu il Presepe di Luzzati, esposto in piazza Carlo Felice nei giardini antistanti la stazione di Porta Nuova, esperimento che riscosse un immediato successo.

Tra le varie installazioni luminose, che ogni anno vengono collocate in posti diversi, ricordiamo: le "Cosmometrie", 42 disegni tratti dal libro "Articuli 160 ad adversus mathematicos" di Giordano Bruno e proiettati sul pavimento; le "Vele di Natale", immaginari alberi di Natale o alberi della cuccagna; poi c'è il "Tappeto volante", un reticolo di cavi d'acciaio a cui sono agganciati cubetti blu, rossi e bianchi. Il "Planetario", costituito dalla rappresentazione delle 14 costellazioni. Il "concerto di parole", costituito da cilindri, parallelepipedi ed altre figure solide.

E poi, tra le altre, un'installazione che non si ammira ma...si legge: è "Luì e l'arte di andare nel bosco", la favola scritta dal novelliere Giudo Quarzo e trasformata in una sorta di libro aperto e visibile da tutti. Recita così: "La città era piena di rumore: era sempre più difficile parlare ed ascoltare. E poi c'era il bosco silenzioso. Ma nel silenzio del bosco ci si perdeva. Chi non sopportava il rumore della città andava nel bosco, e il silenzio se lo portava via. Così si sparse la voce che nel bosco c'era un orco. Furono mandati soldati e anche quelli sparirono. Quando Luì il matto arrivò in città, trovò rumore e musi lunghi. Qualcuno gli raccontò la storia di quelli che sparivano nel silenzio e a Luì venne una gran voglia di fare una passeggiata nel bosco. Ma capì che era necessario studiare la lingua del vento e della pioggia, dei sassi, del legno e della terra. E dopo tanto studiare, lui inventò uno strano bastone che faceva un rumore dolce ad ogni passo. Tric trac, fran fran troc. Così il bosco non era più tanto silenzioso. Poi, le forme degli alberi e della terra tentarono di ingannarlo. Ma Luì con il suo coltellino intagliò il legno e raccolse pietre, e legò rami e fece balene, orchi, elefantesse. Le illusioni del bosco silenzioso diventarono cose da toccare e tutti quelli che si erano perduti incominciarono a saltare fuori come funghi. Da quel giorno tutti i bambini vollero i bastoni sonori di Luì per non perdersi nel silenzio e nel rumore. E quando chiesero a Luì che nome dare ai suoi bastoni, egli disse: chiamateli sonagli. E così fu."

Una favola meravigliosa che fa sognare e tornare tutti un pò bambini.

 

Del resto, quale periodo più adatto del Natale per riscoprire la magia e lo stupore del fanciullo che vive in ognuno di noi?!

Federica De Castro

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