L’11esima edizione del Torino Underground Cinefest è ai blocchi di partenza, con il pre festival che si svolgerà martedì 17 settembre, e il programma completo dal 26 settembre al 5 ottobre.
Un evento che come ci ha raccontato il direttore artistico, Alessandro Amato, mira a essere sempre “più radicato” sul territorio della città e non solo.
Insieme al direttore generale nonché fondatore, Mauro Russo Rouge, hanno ricevuto e studiato oltre 2 mila film arrivati da tre piattaforme internazionali. Ci siamo fatti raccontare questa prima esperienza come direttore artistico da Amato.
"Sicuramente è stata un’esperienza bella perché il festival lo conoscevo e ci lavoravo. Tuttavia è stato anche sfidante per lo stesso motivo, avevo la responsabilità di ricevere il testimone da Mauro. Volevo mantenere la continuità e portare un po’ delle mie competenze. Non ho voluto fare grandi rivoluzioni perché è un festival che funziona con il suo pubblico”.
Che cosa rappresenta oggi il cinema underground?
“Credo che rappresenti quella creativa libera da compromessi commerciali che ogni giovane filmaker deve vivere per qualche anno. Un festival di questo tipo permette di potersi esprimere autonomamente nei limiti del rispetto dell’altro. È una questione di libertà creativa. Il festival ha una sua identità estetica e i suoi presupposti creativi, ma all’interno di questo filtro, c’è il rispetto per l’autore”.
Quali sono i temi più trattati in questo ambito?
“Il cinema underground è una cartina tornasole della situazione sociale, è molto meno filtrato, più diretto e più legato a quello che le persone vivono nel quotidiano. Un racconto per immagini, spesso non censurato, dove il cinema è usato come terapia. Fil rouge è la solitudine, l’individualismo pressante che deriva degli anni pandemia, il disorientamento rispetto alle relazioni umane”.
41 i film in concorso, di cui il 68% europei e il 5% italiani; siamo in linea con le altre edizioni?
“Come sempre c’è tanto cinema europeo, dalla Francia, ma anche dalla Germania e dall'Olanda, sono Paesi che producono tantissimo a livello di cinema indipendente. Abbiamo sempre avuto poca Italia in concorso, poi è nata la sezione non competitiva solo italiana perché ci sembrava importante avere una vetrina del cinema nazionale underground che si fa così faticosamente”.
Ci sono film piemontesi in concorso o fuori?
“Gli unici due italiani in concorso sono torinesi: Al termine della notte di Stefano Moscone e A Loving Act di Riccardo Bianco. C'è anche nella sezione doc il francese Das rad, A Bicycle Journey di Ambra Tonini, con il supporto di Film Commission Torino Piemonte. Ci sono poi alcuni torinesi fuori concorso, come Tanto di cappello di Angelo D'Agostino, Àprile - Storia di una masnada di Silvia Pesce. È uno degli aspetti che ho incoraggiato. Mi sembrava importante che fosse una festa e mi piaceva l’idea di coinvolgere filemaker torinesi che fanno un bel cinema. In chiusura, avremo inoltre il nuovo horror di Luca Canale, in anteprima mondiale. È fuori concorso perché deve ancora fare un percorso internazionale, ma ci piaceva l'idea di farne una festa”.
Quali le novità di quest’anno, oltre alla collaborazione con Comala?
“Comala un bello spazio frequentato da studenti e ragazzi giovani, uno spazio militante, mi sembrava bello che il festival iniziasse a diventare un po’ diffuso, uscisse da san Salvario. Lì faremo il pre festival e l’off. Domenica 6 ottobre faremo il Fuori Festival con un altro film britannico, promosso da Streeen!, piattaforma di streaming nata a Torino nel 2023. Oltre a promuovere il film, darà anche un premio al documentario più interessante da mettere sulla stessa piattaforma. Tra le novità che sono anche parte del mio contributo, la retrospettiva quest’anno dedicata al regista sardo Bonificio Angius. Mi piaceva l’idea di qualcuno che fa cinema puro, autonomo, libero e radicale. È questo che rappresenta lui. Infine, ci sarà anche una collaborazione con Seeyousound, con cui presenteremo in anteprima mondiale il film su Pete Doherty”.
Come si evolverà da qui in poi il TUC?
“Vorrei una rete di collaborazione sul territorio, anche con realtà non torinesi, più radicata sul territorio. Vorrei si integrasse di più e questo si può fare solo con un momento di collaborazione e di incontro con obiettivi. In futuro cercheremo di organizzare momenti di cooperazione come djset e presentazione di libri. Obiettivi saranno interdisciplinarità e multimedialità”.
Il TUC è organizzato da Associazione Systemout e Cineteatro Baretti. Da quest'anno con il contributo di Fondazione CRT mentre si conferma lo sponsor HDI Assicurazioni.
Per info e programma: https://www.tucfest.com/