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Copertina | 01 novembre 2024, 00:00

Luigi Fassi per il terzo anno alla guida di Artissima: “Per me è come una persona cara la cui felicità ci sta a cuore”

Il direttore della fiera diventata modello internazionale: “I giovani? Se comprenderanno lo spazio di libertà a cui l’arte ambisce, avranno guadagnato una forza potente con cui accompagnare la propria vita”

Luigi Fassi per il terzo anno è alla guida di Artissima

Luigi Fassi per il terzo anno è alla guida di Artissima

Artissima inizia oggi e fino a domenica 3 novembre animerà gli spazi dell’Oval Lingotto, ma non solo. La fiera di respiro internazionale attorno cui gravitano tutto gli eventi della Settimana dell’Arte torinese giunge alla sua 31esima edizione e ha continuato a evolversi.  Quella del 2024 è la terza guidata dal direttore Luigi Fassi.

Direttore, come si sente e cosa è cambiato per lei in questi tre anni? 

Sono stati tre anni di grande accelerazione, alla rincorsa di un sogno divenuto realtà: poter contribuire allo sviluppo di Artissima, istituzione che visitavo sino dagli anni degli studi e che aveva fatto scoccare la scintilla di voler lavorare nell’arte. Quando sono arrivato, a inizio 2022, ci stavamo lasciando alle spalle gli strascichi della stagione del Covid, per entrare in una fase di evoluzione, in un contesto dove ogni fiera d’arte contemporanea si avviava ad un rilancio veloce che ripartiva dai drastici cambiamenti occorsi del mercato dell’arte. Ho creduto Artissima dovesse ripartire dalla sua identità storica, una piattaforma di produzione di servizi per gallerie italiane e internazionali e l’essere un’impresa che ha valorizzato e fatto crescere più generazioni di professionisti dell’arte, a partire innanzitutto dai galleristi. Ciò di cui sono oggi molto felice è vedere crescere Artissima tenendo fede alla sua doppia identità, quella di una fiera commerciale che rafforza lo sviluppo delle gallerie da tutto il mondo e costruisce progetti sartoriali con una molteplicità di partner, e quella di un’istituzione che ha imparato a pensare con gli artisti e a sviluppare con loro produzioni, mostre e idee. Oggi Artissima dialoga e coopera con imprenditori, filosofi, poeti, direttori museali, e lo fa perché mette al centro di tutto - in condivisione - la forza di cambiamento nutrita dall’intelligenza degli artisti e di chi a loro ha dedicato la propria vita professionale. In sintesi, sto vivendo l’esperienza della direzione di Artissima come una diversa declinazione del lavoro curatoriale che ho svolto per tanti anni in diverse istituzioni ed è un’avventura realmente trasformativa. Artissima per me è più di un’istituzione, è come una persona, qualcuno di molto caro con cui ci si trova vivere e la cui felicità ci sta a cuore”.

Qual è l’apporto più importante che ritiene di aver apportato alla fiera? 

Penso che in questi tre anni sia cresciuto il percorso di sviluppo istituzionale della fiera, fondato su capacità progettuali che esondano dai quattro giorni della fiera e si estendono su tutto l’arco dei 12 mesi. Nell’ultimo anno, per scegliere tre esempi, Artissima ha fondato MADE IN, un progetto di residenze d’artista in alcuna delle più innovative aziende del territorio torinese, ha ideato una serie di podcast, Lo stereoscopio dei solitari, e ha commissionato un cortometraggio a Yuri Ancarani girato a Torino che abbiamo mandato in tour al Festival di Giffoni a luglio e alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia a settembre, prima di presentarlo all’Oval durante i giorni di fiera. Sono tre esempi di un’attività di creazione e produzione che sta divenendo sempre più identitaria e che accompagna e rafforza il cuore di Artissima per farla crescere in un terreno istituzionale incentrato sul rapporto diretto con gli artisti e il territorio di appartenenza”.  

Il tema di quest’anno di Artissima è di The era of daydreaming, perché questa scelta e perché ora? 

Il daydreaming - il sognare a occhi aperti - è uno strumento potente della nostra mente e si iscrive nella categoria del pensiero spontaneo non controllato dalla ragione. Come ci insegnano neuroscienziati, psicologi e filosofi, è una facoltà ancora ampiamente sottovalutata. La sua riscoperta costituisce oggi un avvincente terreno di indagine che vede cooperare tra loro ricercatori al confine tra scienza e discipline umanistiche. Queste ricerche stanno rivelando la capacità innata della mente di immaginare costantemente realtà alternative: attraverso il daydreaming plasmiamo costantemente nuove modalità relazionali, troviamo soluzioni originali ai problemi e diamo forma a desideri che rilanciano in avanti il nostro progetto biografico. The Era of Daydreaming allude così alla riscoperta di questa capacità autonoma della mente di agire come forza creatrice per dare stimolo alle azioni che dal presente prefigurano gli scenari del futuro. Decisivo nella produzione artistica, il daydreaming è una forza spontanea che attiva speranze, emozioni e immaginari in forma visiva, forgiando il mondo che verrà. Sognare a occhi aperti ha un potenziale creativo immenso, ed è quello che di cui si servono primariamente gli artisti per infrangere le barriere di ciò che è noto e prevedibile e tracciare nuovi sentieri nell'esplorazione del nostro tempo. Artissima invita quest’anno ad ascoltare i propri sogni a occhi aperti, chiamando a raccolta una comunità di daydreamers, quella degli artisti e di chi accompagna il loro lavoro. Penso che il daydreaming ci aiuti ad articolare una risposta positiva al valore della vita in tutte le sue forme e sia in questo senso uno strumento di grande valore etico.”

Artissima, come lei stesso ha detto, è diventata un brand di livello internazionale. Quale potrà essere il prossimo obiettivo? 

Artissima da quattro decenni ha radicato a Torino un settore tra i più affascinanti del nostro tempo per dinamismo e innovazione, quello del mercato dell’arte contemporanea, dove il volano economico non è dato dal valore d’uso, ma dal valore simbolico, generato dall’impulso intellettuale e passionale del collezionismo. Oggi Artissima è riconosciuta dalla stampa specializzata e dagli addetti ai lavori come uno dei dieci brand mondiali nel settore fieristico d’arte, dunque un epicentro di scambi di mercato ma anche di aggiornamento in tempo reale per tutti gli addetti ai lavori del settore, dai collezionisti alle direzioni museali, dai critici ai giornalisti. In questo senso Artissima si è tolta tantissime soddisfazioni, costruendo una rete unica in Italia di relazioni e di esperienze costruite attorno all’arte e alla sua community, producendo valore per Torino e tutto il Paese. Il prossimo step dovrà essere orientato a far crescere ulteriormente il suo carattere di istituzione culturale che persegue una precisa visione, quella di diffondere con maturità e responsabilità il valore sociale dell’arte contemporanea, in una logica di dialogo e cooperazione con altre istituzioni, enti pubblici e brand privati. Mettendo sempre al centro di tutto due categorie: gli artisti e le artiste e le gallerie che li rappresentano”. 

Grazie alla settimana dell’arte, Torino si trasforma, c’è qualcosa però su cui la città deve ancora lavorare per rendere fruibile al massimo questo evento diffuso? Magari a livello di trasporti o di rete tra le varie fiere?

I giornalisti internazionali che arrivano a Torino per la settimana di Artissima hanno più volte evidenziato in queste ultime due edizioni l’affermazione di un modello Torino, ‘un’utopia concreta’, per usare le loro parole, che Artissima ha saputo creare e continuare a proporre nella prima settimana di novembre, in stretta sinergia con tutte le istituzioni d’arte contemporanea - e non solo - della città e del territorio. Artissima ha costruito in tanti anni una settimana le cui parole chiave sono internazionalizzazione, cooperazione, impresa e valore culturale e ha messo tutto ciò a disposizione della città, raccogliendo impegno massimo da parte delle altre istituzioni. La consapevolezza reciproca è che il valore più alto si ottiene con massima intelligenza comune, i progetti e le mostre più ambiziose. Quando questo accade, Torino diventa un vero modello ed è precisamente quanto ha rimarcato l’anno scorso anche l’assessore alla cultura della città di Vienna, venuta in visita ufficiale ad Artissima per studiarne il modello operativo in città”.

In questo momento il mondo sta vivendo tensioni politiche e sociali che non si possono ignorare, si è molto discusso del ruolo dell’arte e dell’artista in questo senso, lei cosa ne pensa? 

Non ho risposte assertive, non credo nella cosiddetta arte utile o impegnata, perché l’arte ha un rapporto indiretto con l’etica e credo che questa sua autonomia sia fondamentale. Ma è inevitabile porsi la domanda di quale contributo l’arte possa e debba darci in momenti così carichi di tensione come quelli di questi mesi. Uno straordinario pensatore e attivista brasiliano dei nostri giorni, Ailton Krenak, ha scritto che in momenti di crisi la sua gente ha la tradizione di sollevare il cielo. Quando si avvicinano momenti di forte pressione sociale, di sconforto e disagio, occorre danzare e cantare per sollevare il cielo, affinché in questo processo avvengano cambiamenti nella salute della Terra e di tutti gli esseri. Sollevare il cielo per Krenak significa ampliare gli orizzonti esistenziali. Significa arricchire le nostre soggettività, che sono la materia che i tempi in cui viviamo vogliono consumare. Se esiste un’ansia di consumo della natura, ne esiste anche una che vuole consumare le nostre soggettività. Quindi, scrive Krenak, viviamo le nostre soggettività con la libertà che siamo in grado di inventare, senza buttarle sul mercato. La natura è sotto attacco in maniera ormai poco difendibile e nelle sue parole occorre cercare per lo meno di riuscire a mantenere intatte le nostre soggettività, le nostre visioni, le nostre poetiche dell’esistenza.  Credo che questo sia il contributo che ci possa dare l’arte: insegnarci la forza primigenia della nostra soggettività, oltre ogni pressione esterna, per nutrirne così l’indipendenza e l’integrità. Da lì potrà venire molto di buono per una capacità di azione colma di empatia e condivisione”.

Secondo lei, l’arte oggi riesce a dialogare con i giovani? Più o meno del passato e in che modo? 

Certamente l’arte è in costante dialogo con le generazioni più giovani. È un processo fluido e ininterrotto, dove sarà ruolo di nuovi artisti e di un nuovo pubblico dare spazio a una creazione e comprensione dell’arte che siano conformi all’evoluzione delle aspettative generazionali. A mio avviso occorre non dimenticare che l’arte richiederà in ogni caso sempre uno sforzo e una tensione conoscitiva. Ciò che è immediatamente comprensibile e che non richiede mediazione e fatica è lontano dall’arte, come il linguaggio della pubblicità più triviale, a mio avviso quanto di più lontano ci possa essere dall’arte e da ciò che ad essa chiediamo. In questo senso i ragazzi più giovani possono imparare dall’arte l’assoluta mancanza di imposizioni, messaggi di consumo, diktat di vita e di azione. In altre parole, se comprenderanno lo spazio di libertà a cui l’arte ambisce, avranno guadagnato una forza potente con cui accompagnare la propria vita”. 

Tra i sogni nel cassetto di Luigi Fassi, ce n’è uno in particolare ancora da realizzare? 

Più di uno. Vorrei trovare il tempo per dedicarmi alla scrittura di un dottorato in filosofia, impresa che continuo a rimandare, pur aggiornando costantemente il progetto. E mi piacerebbe lavorare a una collana editoriale di poesia contemporanea.” 

Chiara Gallo

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