Labubu è diventato uno dei fenomeni più curiosi e chiacchierati degli ultimi mesi. È un piccolo mostriciattolo dai tratti teneri ma bizzarri che ha conquistato cuori, bacheche social e scaffali da collezione in tutto il mondo. Nasce nel 2015 dalla matita dell’artista hongkonghese Kasing Lung, cresciuto nei Paesi Bassi e poi trasferitosi in Belgio, che lo ha creato per la sua serie di graphic novel The Monsters, ispirata al folclore nordico. Il pupazzetto ha poi trovato il suo trampolino di lancio grazie alla collaborazione con Pop Mart, un’azienda cinese specializzata in blind box, ovvero scatoline da aprire a sorpresa contenenti action figure o peluche collezionabili. In questo modo ha invaso TikTok, Instagram e mercatini del vintage con una forza virale inarrestabile. Infatti, quando si apre una box non si sa quale Labubu ci si aggiudica, essendocene di più comuni e di rari.
Ciò che rende Labubu così irresistibile è un mix ben calibrato di imprevedibilità, marketing emozionale e design volutamente strano. Il peluche, infatti, con i suoi occhioni spalancati, i denti da roditore, le orecchie appuntite e l’espressione che oscilla tra il tenero e il disturbante, possiede un’estetica che affascina e disgusta.
Un elemento fondamentale che contribuisce al suo successo è proprio il valore che acquista presso la community virtuale. Gli hashtag macinano milioni di visualizzazioni e i video di unboxing creano attesa e desiderio. Quando Lisa (del gruppo Blackpink), Rihanna, Dua Lipa o Michelle Yeoh ostentano un Labubu – spesso agganciato alla borsa di lusso – il giocattolo assume lo status di accessorio di stile. Appeso alle borse delle celebrità, usato come charm su zaini di lusso e immortalato nei feed più stilosi, ha così generato un giro d’affari gigantesco.
I modelli base sono venduti a pochi euro, ma le versioni limitate possono arrivare anche a migliaia di euro. Una maxi-figura è stata addirittura venduta all’asta per oltre centotrentamila euro.
È un mercato che ha visto nascere anche cloni e contraffazioni, alimentando il desiderio di collezionarli.
Alla fine, l’aspetto dei Labubu non conta, piacciono perché donano la sensazione di appartenere a un club di appassionati, e per la soddisfazione di completare una collezione.
Quindi, il pupazzetto rimane in bilico tra il culto e la curiosità, a metà tra peluche e simbolo generazionale. È un fenomeno culturale che può attrarre o respingere con uguale forza.