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Economia e lavoro | 28 luglio 2025, 14:56

Dazi Usa al 15%, Torino morde il freno: "Non possono essere una buona notizia". "Pessimo accordo: arresi e sconfitti"

Commenti negativi sia dal mondo delle industrie che delle piccole e medie imprese. Gay (Unione Industriali): "Ora abbattere i dazi interni alla Ue". Cellino (Api Torino): "Stanchi di un'Europa debole"

Torino e il Piemonte reagiscono negativamente ai dazi al 15% verso gli Usa

Torino e il Piemonte reagiscono negativamente ai dazi al 15% verso gli Usa

Torino e le sue imprese l'hanno presa piuttosto male. E non poteva essere diversamente. L'accordo Ue-Usa sui dazi (anche se scesi dal 30 al 15%) spiazza decisamente il mondo produttivo locale e la conferma arriva dalle voci dei suoi massimi rappresentanti.

"I dazi non possono essere una buona notizia, sono frutto di una trattativa che impone però che l'Europa faccia l'Europa il che significa iniziare ad abbattere i dazi interni alla Ue", ha detto il presidente dell’Unione Industriali di Torino, Marco Gay, a margine dell’inaugurazione della seconda canna del traforo del Frejus. "In questo momento credo sia prioritaria la firma del Mercosur perché è una parte fondamentale per implementare le esportazioni. Noi siamo un territorio ad altissima vocazione di export e quindi aprire nuovi settori, nuovi strade, nuovi Paesi, che è quello che le imprese fanno ogni giorno, deve essere una strategia europea”. Unica luce di speranza, il già disastrato settore dell'auto: "Passare dal 27, 5 al 15 % è sicuramente una notizia che ci aiuterà a competere di più".

E anche il mondo delle piccole e medie imprese è furibondo: “Siamo stanchi di un’Europa debole, siamo stanchi di una politica priva di leader davvero capaci di portarci al livello che meritano gli imprenditori europei", dice Fabrizio Cellino, presidente di Api Torino, commentando in una nota l’accordo sui dazi tra Ue ed Usa. “Sulla ribalta mondiale - aggiunge - l’Europa deve avere più coraggio e dovrebbe essere più consapevole della sua autorevolezza che, tuttavia, non può prescindere da una maggiore unione tra gli Stati e da un maggior coordinamento sui punti in comune”.

L’accordo con gli Usa sui dazi – prosegue Cellino - è un pessimo accordo sia in termini politici, perché è chiaro che ci siano arresi e siamo stati sconfitti, sia economici: con il dollaro svalutato, sarà un gravissimo problema per le aziende europee esportare. Tutto questo comporterà nuovamente una perdita di produzione e competitività per le nostre imprese. Tutto ciò si traduce in un lento morire del nostro sistema economico e sociale: un orizzonte che come cittadini e imprenditori non possiamo accettare”.

L’incertezza sull’entità dei dazi USA sul settore agroalimentare sta penalizzando l’agricoltura torinese proprio mentre si avvia la stagione dei raccolti con il vino, la frutta, le nocciole che potrebbero essere pesantemente penalizzati insieme ai formaggi DOP e alla carne di Razza piemontese. "Non sappiamo ancora quali prodotti agricoli beneficeranno dei “dazi zero” ma già l’accordo sul 15% desta non poche preoccupazioni", osserva il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici.

"L’accordo con tariffe al 15% è sicuramente migliorativo rispetto all’ipotesi iniziale del 30% che avrebbe causato danni enormi per l’agroalimentare torinese. L’agricoltura torinese sta vivendo un momento difficilissimo a causa del cambiamento climatico, con gli effetti di un meteo impazzito e di nuovi parassiti e malattie", ha aggiunto Mecca Cici.

Quello che non dobbiamo assolutamente perdere – aggiunge il direttore di Coldiretti Torino Carlo Loffreda - è questa consolidata propensione dei nostri produttori ad avere uno sguardo internazionale. Non dobbiamo assolutamente richiuderci in noi stessi e guardare solo alle vendite in Italia. Diversificare i mercati è diventato vitale, così come è sempre più importante che sia favorita la vendita diretta da parte delle aziende agricole utilizzando gli strumenti più moderni. I nostri uffici sono a disposizione per indirizzare le aziende agricole verso uno sguardo sempre più internazionale".

E dal mondo dell'artigianato, Cna Piemonte sottolinea come "a farne le spese, come sempre, saranno le micro e piccole imprese - dice il segretario Delio Zanzottera -. Perché le grandi, almeno, hanno uffici legali, sedi produttive delocalizzabili, contratti internazionali con clausole elastiche. Le piccole, no. Le nostre imprese familiari, le botteghe evolute del Made in Italy, non possono permettersi margini di incertezza del 40% su una commessa destinata a Miami o Chicago. Non possono fronteggiare da sole l’aumento dei costi legato a una tariffa doganale imposta nottetempo. Non possono ricontrattare all’infinito le condizioni con i distributori americani. Semplicemente, rischiano di uscire da quel mercato”.

"Sono necessari sostegni e compensazioni – chiede Giovanni Genovesio, presidente CNA Piemonte – ci attendiamo a breve la riattivazione del tavolo sull’export a Palazzo Chigi per un confronto su strumenti e criteri per mettere a disposizione del sistema delle imprese i 25 miliardi assicurati dal governo".

L’accordo sui dazi Usa al 15% mette fine all’incertezza di questi mesi ma non sarà indolore per le nostre imprese, poiché quello statunitense è il secondo mercato mondiale, dopo la Germania, per l’export made in Italy, con un valore di 66,8 miliardi di euro, pari al 10,4% delle nostre vendite all’estero. E proprio negli Stati Uniti, negli ultimi 5 anni, gli imprenditori italiani hanno messo a segno la maggiore crescita di esportazioni: +57%, pari ad un aumento di 24,2 miliardi. Chiediamo che il governo italiano e l’UE accompagnino questo accordo con misure compensative, semplificazioni doganali, e un piano di sostegno all’export per le imprese artigiane. Non possiamo permettere che chi fa qualità venga penalizzato per le dimensioni ridotte della propria impresa, ha commentato Dino De Santis, Presidente di Confartigianato Torino.

"Non possiamo permetterci ulteriori ostacoli alla competitività – conclude De Santis – Ora è più che mai necessario che l’Ue si concentri su politiche finalizzate ad aumentare la competitività delle aziende, a cominciare dalle indispensabili misure per il contenimento dei costi energetici: basti pensare che le imprese italiane pagano l’energia il 28% in più rispetto alla media europea, anche a causa di una eccessiva tassazione in bolletta".

Massimiliano Sciullo

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