Con uno striscione apparso ieri al Filadelfia, i tifosi granata, o almeno la frangia più calda di essi, chiedeva alla dirigenza del Torino FC di assumersi le proprie responsabilità, a fronte del deludente pareggio casalingo col Chievo, che segue altre gare non proprio convincenti, sia per il gioco che per i risultati.
E allora, visto che quest’anno il processo, o almeno le fasi istruttorie, siano iniziate con largo anticipo sul fatale mese di gennaio, quello in cui negli ultimi anni sono state dimenticate le ansie di retrocessione, ma anche riposte le speranze di qualificarsi in Europa, e quindi si si prepara a trascinarsi stancamente fino a fine stagione, buttiamoci anche noi a capofitto nell’impresa di capire chi e cosa siano mancati all’appello.
Iniziamo dai giocatori, visto che sono loro a scendere in campo. Il numero uno degli “imputati”, uso volutamente le virgolette, a sdrammatizzare un po’ la cosa, è il bomber, l’uomo mercato, mister cento milioni, al secolo Andrea Belotti. Bravo ragazzo, serio, professionista scrupoloso, il giocatore che tutti gli allenatori vorrebbero li davanti, perché corre novanta minuti e torna a coprire in fase difensiva, quest’anno non sta rendendo quanto lo scorso anno. Va da se, che tutto il battage estivo sul suo nome, con ricorrenti voci sulla sua imminente cessione, che poi non s’è concretizzata, gli hanno caricato sulle spalle un peso di cui avrebbe fatto volentieri a meno. Malgrado le esperienze degli anni passati, in cui giocatori come Glik e Peres erano stati ceduti, non senza qualche patema d’animo di troppo, la stagione successiva a quella della loro esplosione e consacrazione, quest’anno si è ripetuta la storia, con la clausola milionaria tenuta saldamente a riscontro di un valore più presunto che reale, che di fatto ha impedito ad Andrea di accasarsi altrove. Su questo equivoco di mercato, si è di conseguenza snodata ed articolata tutta la campagna acquisti e cessioni granata. Si è puntato su un laterale d’attacco, come Niang, di cui si poteva fare a meno, ma che era divenuto imprescindibile vista la pochezza di Berenguer, spacciato come fuoriclasse, mentre è solo un onesto mestierante e nulla più. Si è ceduto, vizio ormai consolidato, all’ultimo giorno di mercato, un uomo come Zappacosta, che così grande peso aveva sulla fascia e sulle ripartenze dell’undici di MIhaijlovic. Si è frettolosamente impacchettato e malamente scaricato “lavatrice” Lopez, che era l’unico li davanti capace a reggere il confronto in area, vuoi per doti fisiche che per talento tecnico. Si è spacciato Sadiq, giovane di molte speranze e poche certezze, come il vice Belotti. Insomma, la solita cortina fumogena che ogni mercato estivo granata porta con se, da almeno un decennio.
Su questo mercatino degli orrori, il mister ha la sua parte di colpa, visto che si fa fatica ad immaginare che un uomo focoso e di carattere come il serbo, abbi accettato supinamente tutto quello che gli è stato propinato da Petrachi e Cairo come oro colato, senza batter ciglio e senza avanzare dubbi, proteste e richieste alternative. Pare anzi che proprio Niang sia stato un suo pallino. Quindi, Miha, con tutto il bene che ti voglio, un po’ di mea culpa mi sa che ti tocca farlo.
Ma, dulcis in fundo, anzi, per nulla dulcis, viene colui che più di tutti è il responsabile di questa situazione fastidiosa, indisponente. Parlo del Grande Timoniere, quello che tutto vede e tutto decide. Urbano Cairo, presidente e padrone, più il secondo che il primo, del Torino FC.
A costo di passare per monotono, non mi stancherò di dirlo, ma fintanto che le plusvalenze argutamente e lecitamente realizzate, non saranno reimpiegate per l’acquisto di giocatori che rinforzino la squadra, ma saranno impegnate per la gestione ordinaria della società, il Torino FC continuerà a galleggiare pigramente a metà classifica, con il triste destino di ritrovarsi, tra Natale e Capodanno o poco più, a vivacchiare senza obiettivi e stimoli, stiracchiandosi, partita dopo partita, fino a fine campionato, fatta salva la parentesi del derby, che con un po’ di fortuna, consistente in un concomitante impegno europeo dell’avversaria, con relativo turnover e schieramento della squadra riserve, può diventare il momento salvifico di un annata mediocre. Beh, sinceramente questo tran tran mi ha stancato. Sarà che per me il Toro è nato ben prima del settembre 2005, sarà che ho vissuto di persona gli anni ruggenti dello scudetto post Superga degli undici di Radice e dell’invitta cavalcata europea dei ragazzi di Mondonico, ma questo torello arrendevole e demotivato, mi fa solo venire il latte alle ginocchia.
Scelga la stagione che più gli piace, sia la calda estate piuttosto che il freddo inverno, ma Cairo si decida una volta per tutte a tirare fuori il portafogli per spendere, non solo per mostrare la foto dei figli. I tifosi che hanno esposto l’accorato striscione di richiesta assunzione responsabilità, hanno perfettamente ragione. È ora di finirla di nascondersi dietro ad un dito, con scuse fantasiose ed offensive del buon senso e dell’intelligenza di chi se le sente raccontare. La gente del Toro e la storia granata, meritano ben altro che questo vivacchiare da provinciale. Quindi, visto che non glie l’’ha ordinato il medico, faccia il presidente del Toro, o cerchi qualcuno in grado di farlo.
La poltrona che fu di Marone Cinzano, Novo e Pianelli, merita terga reali, in grado di dargli soddisfazioni e onori di cui si è ormai persa la memoria nel tempo.