Valentina Gallo, il Cap10100, come molti altri luoghi di pubblico spettacolo e aggregazione giovanile in città, è stato tra i primi a subire lo stop al manifestarsi dell'emergenza Coronavirus. Cosa ha innescato, questo blocco, e come vi siete ritrovati a gestire il vostro spazio da remoto?
L’ultimo nostro spettacolo è stato il 22 febbraio, poi il governo ha imposto le prime limitazioni sugli assembramenti. Ma la settimana successiva non ci siamo subito posti il problema, perché pensavamo fosse una chiusura preventiva, della durata massima di 15 giorni. Poi, con le nuove norme, ci siamo attivati per fornire almeno al nostro pubblico uno streaming di alta qualità dei concerti, ed è nato il format “A un metro da te”, fatto con videocamere professionali e pioi trasmesso sul web. Ma quando le restrizioni sono diventate così stringenti da non poter più uscire per recarsi sul posto di lavoro, abbiamo cercato di capire come continuare a essere presenti. Contemporaneamente la rete KeepOn Live, di cui facciamo parte, ci ha proposto di partecipare a #StayON, un palinsesto di concerti live a scopo benefico, passandoci la palla tra vari club ogni sera [tra gli artisti che si sono esibiti, Pedar, Federico Poggipollini, Pier e Yuman, ndr]. Inoltre abbiamo aderito all’evento straordinario rilanciato oggi direttamente dalla Regione Piemonte per il 3 aprile, a favore della raccolta fondi per gli ospedali, che amplierà l'offerta di musica in streaming dalle 18 fino a mezzanotte. Probabilmente non si parlerà di spettacoli dal vivo, né al chiuso né all’aperto, fino all’autunno inoltrato, perché gli assembramenti potranno avere luogo solo laddove il virus non consentirà più un rischio. Bisogna imparare a guardare in faccia la realtà: credo che non lavoreremo fino a ottobre.
Il Cap10100 figurava tra i firmatari di quella prima richiesta di ammortizzatori sociali inviata al Comune di Torino a fine febbraio, a fronte delle perdite che circoli, teatri e spazi culturali rischiavano di subire. Cos'è cambiato da allora? Ci sono stati degli sviluppi nei vostri rapporti con le istituzioni?
Di certo questo non è il momento di piangerci addosso, ma dobbiamo agire per ottenere un riconoscimento del nostro settore. Devo dire che gli uffici del Comune si stanno muovendo molto bene. Ma il vero problema sai qual è? In una fase di emergenza tale andiamo alle calende greche per fare qualsiasi tipo di atto. Finché non si pensa ad attuare un regolamento speciale nelle amministrazioni pubbliche, per situazioni di crisi come questa...Sono molto contenta dell’iter democratico che in Italia ogni atto ha, ma nel momento in cui degli assessori o funzionari devono metterci tre settimane per una pratica, questo lo ritengo non solo irrispettoso, ma anche anticostituzionale. I Comuni, in questo caso specifico di emergenza, dovrebbero muoversi di conseguenza. Pensiamo solo agli affitti altissimi che molti spazi pagano, per fortuna non il nostro, che ha prezzi calmierati. Ma stavolta l’amministrazione ha una colpa relativa: evidentemente non ha gli strumenti per cancellare il debito.
Siete reduci da una lunga chiusura di circa due anni, cui è seguito un intenso lavoro per ristrutturare gli spazi e ripartire con una nuova programmazione. Da lì il Cap10100 è diventato altro, rispetto a un semplice palco per i live, spingendo sulle proposte e progettualità del mondo under 30, soprattutto...Reinventarvi è la vostra prerogativa.
Proprio per questo vorrei che venissero valorizzate e premiate quelle realtà che hanno anche contribuito a riportate in vita degli spazi abbandonati, senza mollare mai, restituendo servizi al territorio. Lo scorso ottobre noi siamo ripartiti in quarta, non eravamo dei neofiti. Era tutto in atto, avevamo in mente una programmazione già da tempo. Ora siamo felicissimi di partecipare a iniziative come #StayON, ma lascerà un po’ il tempo che trova: se continuiamo a dare senza mai ricevere, diventerà difficile far apprezzare quello che offriamo. Stiamo cercando di aderire qualsiasi progetto ritenuto valido che ci venga proposto da reti. È questa l’unica possibilità. Nella scorsa chiusura, tra dipendenti a tempo determinato, indeterminato e co-co-co eravamo in tutto quindici, ora quattro dipendenti diretti usufruiranno della cassa integrazione. All’epoca li licenziai, ma li pagai tutti. Siamo un’associazione giovane, ma iniziamo a non avere più vent’anni. Purtroppo solo le realtà come le nostre investono sull’innovazione culturale: senza di noi, resteranno solo le proposte nei teatri ufficiali o nei palazzetti. Serve un intervento preciso e mirato, per poter sopravvivere.
Prima hai accennato all'importanza del fare rete, per ripartire una volta finita la quarantena. Hai in mente qualcosa, nello specifico, per utilizzare al meglio questa formula?
Ricorderò sempre che, quando il Cap10100 ha chiuso, ci siamo ritrovati con il vuoto intorno, e umanamente l’ho patito molto. Ma avevo in mente un piano che andasse al di là della progettualità creativa: occuparmi dei servizi che avrebbero permesso di evitare ad altri quello che è successo a noi. Volevo creare una sorta di comitato tecnico-scientifico che potesse arrivare laddove un ente del terzo settore, che si occupa di spettacolo, non può arrivare. Questo progetto è stato sposato da un ente molto grande a Roma, e mi è stato chiesto di lavorarci di nuovo durante questo mese. Nascerà quindi a breve un’associazione nazionale di secondo livello che si occuperà di tutelare sia le associazioni di pubblico spettacolo sia quelle realtà del terzo settore che fanno anche prodotti per il pubblico spettacolo. L’idea è di non dividere più teatro, danza, musica, ma mettere lo spettacolo dal vivo finalmente tutto insieme, così come chi offre servizi per esso. Sarà ufficializzato entro pochi giorni, ma sta già avendo molte adesioni informali in tutta Italia. Potrebbe quindi diventare capillare in breve tempo.