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Cultura e spettacoli | 05 aprile 2020, 13:47

"Perché scrivo aforismi? La brevità è la misura del nostro tempo": il torinese Fabrizio Caramagna si racconta

Spiega il fondatore del sito Aforisticamente: "In questo periodo di isolamento, gli utenti cercano frasi sul cambiamento e la felicità. E' sintomo di uno scavo nell'interiorità"

"Perché scrivo aforismi? La brevità è la misura del nostro tempo": il torinese Fabrizio Caramagna si racconta

In tanti postano le sue frasi su Facebook e Instagram, ma pochi sanno realmente chi è. Fabrizio Caramagna, torinese, classe 1969, è uno degli aforisti viventi più celebri in Italia: creatore del sito Aforisticamente, si definisce “un ricercatore di meraviglie” ed è tradotto in undici lingue nel mondo. Ha esordito nel 2009 con la raccolta Contagocce (Genesi editrice), a cui è seguita nel 2012 Linee di seta (LietoColle). Affiancando alla scrittura l’attività di studioso, è fondatore dell’Associazione Italiana per l’Aforisma, che ogni due anni indice il premio “Torino in sintesi”. 

“C’è un cielo che potrei sedermi qui e raccontartelo. E dirti quanti colori gli mancano quando non ci sei”. “Quando stai per crollare, guarda quel piccolo fiore nel prato: mette il sole in ginocchio ogni sera”. “La primavera è un’opera teatrale in più atti. Ogni giorno c’è l’entrata in scena di un attore diverso. Una gemma che si apre, una rondine che appare, un fiore che sboccia, una foglia che si schiude, una luce che brilla”. Sono solo alcune delle gemme disseminate da Caramagna sul web, dove gli utenti l’hanno conosciuto, amato e condiviso per suggellare con un’istantanea stati d’animo, episodi della propria vita, riflessioni. E anche in un periodo complesso come questo, l’essenzialità della sua forma breve riesce a catturare l’attimo, tralasciando il superfluo.

Fabrizio Caramagna, lei ha sempre nutrito un amore profondo per la parola scritta, frequentando prima il liceo classico e poi Lettere all’università. Ma com’è nata la sua passione per l’aforisma, da cosa è scaturita?

Va detto innanzitutto che l’aforisma, come genere letterario, lo si trova disseminato un po’ ovunque, dai film ai romanzi. Pensiamo a Woody Allen, Nietzsche, Tolstoj, che ha iniziato “Anna Karenina” con quella frase celeberrima, “Tutte le famiglie felici sono simili tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”. Trattandosi di una forma breve, può essere condensata e utilizzata in diversi ambiti. E non dimentichiamoci la sua etimologia, dal greco aphorìzo, “delimitare”. In origine, Aforismi era proprio il titolo di un’opera che raccoglieva i precetti medici di Ippocrate. Personalmente, ho iniziato a scrivere in modo più strutturato a 14 anni, ma posso dire di aver sempre avuto la penna in mano. Quando facevo i temi, a scuola, mi dicevano di allungare. I professori ci insegnano sempre a essere prolissi, e invece…Io scrivevo racconti di due pagine, poi li abbreviavo fino ad arrivare a mezza. Un giorno mi sono chiesto: perché scrivo così breve? E da lì ho scoperto un mondo. Nelle librerie gli aforisti sono un po’ nascosti, non hanno una collocazione precisa. Ma sono stati è una vera rivelazione, con la quella loro ossessione di far stare un libro in una pagina, una pagina in una frase e una frase in una parola. All’inizio vivevo questa passione in solitaria, ma, poi, vedendo sui social i selfie associati a citazioni di personaggi famosi, ho capito di non essere solo. Ho iniziato a scriverne e pubblicarne, e per molto tempo sono stato un autore di nicchia. Noi aforisti, in Italia, siamo davvero pochissimi. Poi, girando in rete, le mia frasi hanno iniziato a essere conosciute. Sui social la brevità vince, e Twitter ce lo insegna. Marx, al giorno d’oggi, se dovesse riscrivere “Il capitale”, lo scriverebbe in tre righe.

Secondo lei perché la gente ha bisogno di leggere e condividere messaggi brevi?

Dal punto di vista matematico, l’algoritmo dei social premia e predilige i testi brevi. L’attenzione dell’utente oggi è molto labile, latente, la nostra mente passa in continuazione da un link all’altro. A me la brevità piace perché denota un certo rispetto per la pazienza del lettore. Insomma, non ti faccio leggere 400 pagine per dirti una cosa che potrei esprimere in una riga. I filosofi orientali dicevano che la brevità è universo in un granello di senape. Per me è l’equazione immediata con cui ogni volta cerco di risolvere il mondo. 

Tuttavia il web è anche il mare magnum delle banalità, specie quando di certe citazioni si fa un uso improprio. Ha mai riflettuto su questo aspetto?

Certo. Kipling diceva che, quando citiamo una frase, ci avvolgiamo nel mantello di porpora di un imperatore. Molto spesso le persone non pensano con la propria testa, tante volte per timidezza e insicurezza. La citazione fa comodo, fa fare il brillante, come quando si cita una frase di Proust senza aver mai letto i sette tomi della Recherce. Non si è obbligati a pensare, perché qualcun altro ha pensato quella stessa identica cosa al posto nostro, esprimendola meglio. Sul web c’è tantissimo materiale di quelli che io definisco “banalismi" e “ovvismi”. Anzi, sui social più uno scrive banalità, più quel post ottiene like. Evidentemente ce n’è bisogno, ma è una necessità che non comprendo. Come se la gente cercasse uno specchio in cui riflettere, per così dire, la propria mediocrità, degli stereotipi, dei luoghi comuni che la rassicurino. Ma l’aforisma non deve mai essere banale, deve far vedere il mondo da un punto di vista originale, capovolgendone l’orizzonte. 

Cosa cerca di trasmettere, quando scrive? E quali temi tratta, di solito?

Il filo ricorrente è la mia visione di Torino come un carcere, mentre tento di evaderne cercando il mare. Una mia frase, in proposito, è stata posta su un cartello, di fronte a una spiaggia del Salento: “La vita non la misurai in anni, ma in strade, ponti, montagne, chilometri che mi separavano ogni volta dal mare”. In genere, scrivo tantissimo sulla natura, credo di aver composto frasi su ogni tipo di fiore. E poi sono un autore romantico, mi piace scrivere d’amore. E questo va un po’ contro la tradizione dell’aforisma, da sempre un genere cinico per eccellenza.

Nel periodo che stiamo vivendo, quali dati ha ricavato dai click degli utenti su Aforisticamente.com? Ricercano frasi particolari, inerenti l’emergenza sanitaria o la quarantena? E c’è un incremento di visite?

Sicuramente la gente non cerca più le frasi sul matrimonio, il battesimo, o la cresima, dato l’annullamento di tutti questi eventi. Vengono meno le classiche “frasi per ogni occasione”, per intenderci. Il sito ha subito un pesante crollo subito dopo il primo decreto ministeriale, perché ovviamente in rete si cercavano soprattutto le notizie, ma ora le visite stanno di nuovo salendo. Vanno sempre forti gli evergreen, amicizia, vita, amore. Ma sono gettonate anche le frasi sul cambiamento, la paura, e le parole chiave sono virus, quarantena. E felicità, come se ci si interrogasse sulla propria interiorità, durante l’isolamento. 

Può parlarci del primo libro che ha scritto, “Il numero più grande è due”, edito da Mondadori? E ha altri progetti narrativi nel cassetto?

È il primo libro al mondo fatto solo di aforismi, dialoghi stringati e poesie brevi. Narra la storia d’amore tra Alberto ed Eleanor, italiano lui, americana lei. Si incontrano, per caso o per destino, e si innamorano, e la loro relazione procede tra i problemi della quotidianità, le piccole incomprensioni, le delusioni, i fallimenti. È un romanzo sulla paura d’amare, che a oggi è diventata una delle più ricorrenti: significa cedere la propria autonomia e indipendenza, cedere porzioni del proprio essere. Il mio secondo libro, invece, dovrebbe uscire il 28 luglio, “Se mi guardi esisto”. Anche qui, abbiamo una storia d’amore raccontata per frasi e poesie brevi, ma è molto più narrativo, affronta anche diverse tematiche attuali, come l’accoglienza, l’immigrazione, il prendersi cura dell’altro. È ambientato a Torino, in un capitolo si descrive anche un campo profughi. Dico sempre che è un brutto periodo per i razzisti, perché proprio in questo momento stiamo riscoprendo la solidarietà e l’uguaglianza. E mi piace, in proposito, citare la frase con cui i cinesi sono venuti in nostro soccorso donandoci le mascherine: "Siamo onde dello stesso mare, foglie dello stesso albero, fiori dello stesso giardino”. 

Manuela Marascio

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