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Cultura e spettacoli | 14 aprile 2017, 18:00

I “Racconti del buio” dello scrittore cieco Roberto Turolla al Circolo dei lettori

Presentata ieri la raccolta di racconti dell’autore torinese, non vedente dalla nascita, in un dialogo con lo scrittore giallista Massimo Tallone

I “Racconti del buio” dello scrittore cieco Roberto Turolla al Circolo dei lettori

È stata presentata ieri al pubblico, presso la Sala Gioco del Circolo dei lettori, la raccolta di dieci racconti intitolata “Racconti del buio”, libro d’esordio dello scrittore torinese, e cieco dalla nascita, Roberto Turolla. Il leitmotiv delle storie è proprio il buio: i protagonisti, infatti, si trovano, per varie ragioni, quali nebbia, notte etc., a vivere delle condizioni momentanee di cecità, espediente utilizzato per mediare l’esperienza del non vedente con quella del lettore. Turolla, quindi, “ha preso dieci personaggi, in parte immaginari e in parte storici, o prelevati dal cinema e dalla letteratura”, spiega Tallone, “e li ha cacciati in situazioni estreme, ognuna delle quali caratterizzata dall’assenza di luce. In questo modo, la narrazione assume una dignità letteraria totale, dove la disabilità dell’autore è del tutto ininfluente ai fini del risultato, e soprattutto non è percettibile dal lettore”. L’obiettivo perseguito dallo scrittore, dunque, è stato quello di non far accorgere il fruitore del testo della sua disabilità, in un esperimento letterario basato, essenzialmente, sulla fiducia: Turolla, infatti, ha svolto un’operazione intelligente e molto interessante, che è consistita nel restituire al lettore le immagini generate dalla letteratura nell’autore stesso, sulla fiducia, appunto, perché “le immagini sono cariche in sé, e non necessitano della prova provata”, e generano riscontri nitidi, se pur diversi, nelle persone cui sono rivolte. Lavoro, quindi, estremamente complicato, sia per lo sforzo di astrazione svolto da Turolla, che, “ha dovuto fingere di vedere, di pensare e di parlare la lingua dei vedenti”, sia per la forma scelta e con la quale ha deciso di misurarsi, ossia quella del racconto, la più complicata perché monodica e attenta a tutte le voci che in essa compaiono.

Degna di nota anche l’estrema versatilità geografica e storica e l’opera di documentazione con cui l’autore ha composto le sue storie (proprio come ha fatto Salgari, anche lui “cieco” perché privo del raffronto reale di ciò che narrava): spiega, infatti, Turolla, che “scrivere significa conoscere, distinguere e nominare – sensazioni, gusti, odori, ogni cosa – trasportando tutto ciò sulla carta”. Perciò, dettagli e aneddoti reali, soprattutto a livello storico, sono stati utilizzati a suo vantaggio e ampliati per scrivere racconti verosimili, a livello materico e di plausibilità. Lo stile impiegato vede un mescolarsi del linguaggio cinematografico e della radiocronaca sportiva, per il modo che essi hanno, attraverso le parole, di evocare immagini potenti, pregnanti ed efficaci. Il tutto colorato da un costante umorismo, caratteristica essenziale anche della vita dello scrittore, che si tramuta nella capacità di fronteggiare e attraversare il tragico e, infine, di riderci sopra: l’ironia e l’autoironia sono, infatti, una “risposta alla tragedia”.

A concludere l’incontro emotivamente toccante, l’esecuzione alla chitarra di tre brani da parte dello stesso Turolla, che definisce il bello come “una musica, un pezzo di letteratura, una sensazione, un’emozione”.

Roberta Scalise

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