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| 04 maggio 2017, 12:30

“Il Fila che rinasce è il modo migliore per onorare 4 maggio e Grande Torino”

Il ‘Granata da Legare’ Massimo Gramellini: “Preferisco ricordare dove gli Invincibili hanno giocato e vinto, piuttosto che là dove sono morti”

“Il Fila che rinasce è il modo migliore per onorare 4 maggio e Grande Torino”

Da alcuni mesi è il vicedirettore del Corriere della Sera, ha Urbano Cairo come editore (“è sempre molto disponibile e presente ma mai invadente”, sottolinea lui), ma per i tifosi del Toro continua ad essere il Granata da Legare, che per anni ha curato su La Stampa una seguitissima rubrica sulla squadra più bella del mondo. Icona granata del giornalismo italiano, chi meglio di Massimo Gramellini, l'uomo che nel 2003 ideò la Marcia dell'Orgoglio Granata, può raccontare cosa rappresenta il 4 maggio, soprattutto per le generazioni più giovani.

“E’ una giornata speciale, perché si onorano giocatori e uomini che hanno fatto la storia del calcio italiano. E non solo del calcio. Ma io, che pure rendo sempre onore a Superga, sono più legato al Filadelfia. Sarò perché 68 anni fa non ero nato, ma perché preferisco ricordare dove il Grande Torino ha giocato e vinto, piuttosto che il luogo dove è morto”.

 

E quest’anno, dove vent’anni di brutture inenarrabili, finalmente il Filadelfia rinasce. Cosa significa?

“Il Toro torna a casa, finalmente. Si riappropria di quel pezzo fondamentale della sua storia, torna il tempio. Che deve essere un luogo di incontro, dove legare la storia e il passato con il presente. Per questo, dico ai tifosi di andare al Fila con il rispetto che si deve a un luogo sacro. Se serve, bisognerà farsi sentire dai giocatori, ma mai violenza o contestazioni fuori luogo. Perché il Fila è il nostro tempio e in una chiesa si entra portando rispetto”.

 

Ripensando alla immensità del Grande Torino, cosa dire della realtà attuale?

“Guardando sui forum granata e vedendo certi post su facebook noto ancora delusione. Quando parlo con la gente di persona meno, però posso anche capire che ci siano tifosi che si aspettavano altro. Ma bisogna rendersi conto che il calcio è cambiato rispetto a vent’anni fa. Con le differenze di fatturato, i diritti tv, oggi per una realtà della dimensione del Toro è diventato quasi impossibile sognare di vincere lo scudetto. Ma io dico che siamo sulla strada giusta e nei prossimi due-tre anni ci toglieremo delle belle soddisfazioni”.

 

Da dove nasce il tuo ottimismo?

“Per tanti anni abbiamo criticato Cairo per gli errori che faceva: la mancanza di un progetto, il non investire a dovere sul vivaio, il balletto dei direttori sportivi e degli allenatori. Per non parlare del fatto che non si puntava sui giovani ma proponeva al pubblico il carrello dei bolliti, dai Pancaro ai Fiore, passando per Barone e Recoba. Adesso la musica è cambiata: se non ci sarà un tracollo in queste ultime giornate, per la terza volta negli ultimi quattro campionati finiremo nella colonna di sinistra della classifica, quella che storicamente ci compete. Il settore giovanile è tornato a produrre giocatori e a vincere, adesso rinasce anche il Filadelfia. Non mi sembra poco, soprattutto ricordando le presidenze dei quindici anni precedenti, che avevano distrutto il Toro”.

 

Concordo, ripensando a quante battaglie aveva portato avanti Granata da Legare per la difesa del DNA Toro. Però quest’anno le aspettative per la prima squadra erano di un campionato migliore…

“Quando hai tanti giovani in rosa qualche scotto devi mettere in preventivo di pagarlo. Ma adesso finalmente questo Toro ha uno zoccolo fatto di ragazzi interessanti, innestando nella maniera giusta si può arrivare a costruire qualcosa di importante. Guarda cosa sta facendo la Lazio quest’anno, senza avere fatturati enormi o giocatori strapagati… Dobbiamo riuscirci anche noi. Poi, non so se questo sia l’allenatore giusto, ma è un altro discorso”.

 

Anche Massimo Gramellini rimpiange Ventura?

“Io dico che una società seria deve dare a Mihajlovic anche il prossimo campionato per portare a termine il suo progetto tecnico. E non solo perché c’è un contratto in essere. Se si crede nella persona, è giusto proseguire con lui: poi se, arrivati a Natale o alla fine del girone di andata, saremo ancora a metà classifica, si potranno fare altre valutazioni. Ma adesso credo sia giusto andare avanti con l’allenatore”.

 

Avanti anche con Belotti? Oppure di fronte a 100 milioni, meglio venderlo e con quei soldi rifare la squadra?

“Bella domanda. Io credo che restare ancora un anno convenga sia a lui che al Toro. Così il Gallo arriverebbe ai Mondiali dopo un’altra stagione da protagonista e il Toro potrebbe contare ancora sui suoi gol. Poi se a giugno arriva qualcuno che mette sul piatto 100 milioni c’è poco da fare…”.

 

Tu impazzivi per Pulici, ma ricordi bene Graziani: davvero Belotti gli assomiglia?

“A me i paragoni tra calciatori di epoche diverse sono sempre piaciuti poco, è cambiato tutto rispetto a quarant’anni fa, si gioca un altro calcio”.

 

Cosa fai, non rispondi?

“Per la generosità che mette in campo, per come lotta e si sacrifica per la squadra, Belotti ricorda assolutamente Graziani. Per me è destinato a diventare ancora più forte, perché il Gallo in area non perdona, sa segnare gol di forza ma anche di rapina. Formidabile”.

 

Posto che Belotti rimanga, cosa serve al Toro per fare il famoso salto di qualità?

“Io non credo tantissimo. Vendere Belotti almeno quest’anno non è una necessità, perché a giugno potremo contare sul tesoretto che arriverà dai riscatti di Bruno Peres e Maksimovic. Spendendo bene quei 30 milioni, si possono colmare le lacune che ci sono. Per la difesa mi pare che si sia già iniziato a lavorare con gli ingaggi di Milinkovic-Savic e Lyanco”.

 

E il riscatto di Bonifazi, il miglior giovane della serie B.

“Lo conosco poco, come gli altri due che abbiamo preso. Ma se per Lyanco garantisce Junior, io mi fido… Quello che serve a questa squadra sono un paio di mediani alla Gattuso, gente che protegge la difesa, recupera palla e fa ripartire l’azione. Gente come Acquah ma con piedi migliori. Se ne gioverebbe tutta la squadra, anche quelli davanti. E ora che Ljajic ha trovato finalmente la posizione giusta, può diventare decisivo con la sua qualità”.

 

Dove vedi il Toro fra un paio d’anni? La Champions è un sogno, anche da quando tornerà a premiare la quarta in classifica?

“Quella la vedo dura, ma se c’è arrivata due volte di seguito l’Udinese pochi anni fa… Io sogno di tornare a vincere la Coppa Italia, sono stufo di uscire già ai primi turni, è una competizione dove in passato abbiamo fatto tante volte bene”.

 

E la tua vecchia idea di un quartiere granata, adesso che rinasce il Fila, potrebbe tornare d’attualità.

“Noi, rispetto alle tre grandi con la maglia a strisce, che hanno il centro sportivo una a Vinovo, l’altro a Milanello che è in provincia di Varese e i nerazzurri ad Appiano Gentile, avremo il nostro cuore pulsante in città. A poche fermate di tram anche per i giovani e gli studenti che vogliano, come capitava a me, essere molto presenti agli allenamenti. A meno di un chilometro c’è l’Olimpico-Grande Torino: se la società riesce a granatizzarlo e non penso solo al colore dei seggiolini, mentre le associazioni di categoria si impegnano a tenere aperti i negozi e attività anche la domenica mattina, organizzando magari qualcosa per coinvolgere i bambini, portando al Fila anche il Museo, il quadro sarebbe quasi completo. Una famiglia può trascorrere lì la domenica mattina, poi tutti assieme alle 14.30 si va a vedere la partita, passando tante ore a contatto con il colore granata”.

 

Hai detto cosa ti aspetti dalla società. Ai tifosi cosa ti senti di dire?

“Di avere ancora un po’ di pazienza. E di essere più vicini alla squadra. Niente da dire alla Maratona, che è sempre magnifica, ma il Toro, che è la squadra inglese per eccellenza, deve avere lo stadio sempre pieno. Questo non arriva neppure a trentamila persone e fa male al cuore vedere tante volte dei settori vuoti. Non ci si deve ricordare di andare a vedere il Toro solo quando arrivano l’Inter o la Roma, i tifosi inglesi vanno a vedere la loro squadra sempre: perché conta quella, non l’avversario che si ha di fronte. E uno stadio sempre pieno, con il suo calore, significa anche 4-5 punti in più a fine campionato”.

 

Il 25 maggio, per l’inaugurazione del Fila, ci sarai?

“Ci sarò ci sarò, ho già programmato tutto. Come potrei mancare?”

Massimo De Marzi

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