Volteggiano leggeri tra i muri e il cielo urbano, si arrampicano, corrono e saltano scavalcando tutto ciò che trovano sul proprio percorso, senza fermarsi mai. Sono gli artisti dello “spostamento”, l'esercito pacifico di “tracciatori”, i praticanti del parkour.
Nata in Francia tra gli anni Ottanta e Novanta grazie a David Belle, questa attività – nota per le sua caratteristiche spettacolari, ma da considerare e valorizzare come disciplina a tutti gli effetti – non ha mancato di diffondersi in Italia nei modi più rapidi e comuni, passando dapprima per il web e poi radicandosi in gruppi, organizzazioni, associazioni. Giovane, il suo parterre di appassionati, e amante del movimento libero, dell'adrenalina, dell'avventura.
Una passione che, talvolta, può incuriosire fin da piccolissimi. È il caso dei bimbi “addestrati” a Torino da Marco Arzenton, nella scuola di circo TeatrAzione, in via Artom: da due anni nella struttura si tengono, tra gli altri, corsi di parkour proprio rivolti ai più giovani, per instradarli a un tipo di espressione corporea diverso dal solito, da vivere con rigore e divertimento allo stesso tempo.
“La conoscenza che la gente ha del parkour spesso è distorta”, spiega Marco, trent'anni, che lo pratica da otto e fa parte della Add Academy torinese, acronimo di “art du déplacement”, come sarebbe corretto definire la disciplina fondata nei sobborghi di Parigi da Yamakasi Yann Hnautra, Laurent Piemontesi, Chau e Williams Belle. “Vengono diffuse soprattutto le immagini che riprendono azioni spettacolari e apparentemente pericolose negli spazi cittadini. Ma non si tratta solo di questo. La componente più estrema esiste, certo, fa parte a tutti gli effetti della disciplina; con i bambini, però, si deve fare un processo graduale. Molti genitori sono spaventati e quindi restii a far avvicinare i figli al parkour, ma è colpa di una scarsa diffusione culturale rispetto al tema. Con i più piccoli cerco di sviluppare soprattutto l'aspetto ludico, senza trascurare il metodo e il rigore, verso un miglioramento della psicomotricità”.
Le lezioni si tengono due volte a settimana, e sono rivolte a bambini in età scolare. Gli ambienti di TeatrAzione consentono di esercitarsi sia all'interno che all'esterno, sfruttando il più possibile lo spazio come compagno, alleato, entità da comprendere e con cui entrare in sinergia. La filosofia del parkour, infatti, prevede che chi lo pratica conosca alla perfezione i propri limiti e riesca a controllare il proprio corpo attraverso un allenamento graduale, capace di aumentare velocità, forza e agilità con naturalezza. Fondamentale è concepire l'ambiente intorno a sé non come un impedimento per il libero flusso delle azioni, ma come un appoggio, un sostegno per compiere un salto in avanti, senza arrendersi di fronte alle difficoltà. Un percorso da un punto A a un punto B che non ammette cedimenti o insicurezze, una continua sfida con se stessi stimolante e avvincente.
“Il parkour è molto utile per superare ogni tipo di paura”, spiega Marco. “In tenera età le persone sviluppano diverse insicurezze anche legate alla fisicità, per questo è importante arrivare a concepire il corpo come qualcosa da proteggere, curare. È una filosofia di vita, che forse i bambini ancora non colgono, ma, crescendo, sicuramente ne trarranno i frutti”.
E proprio per attirare un numero sempre crescente di interessati, per sabato 13 gennaio è stato organizzato uno stage aperto a tutti presso i locali di TeatrAzione: dalle 9-30 alle 12.30 per i bambini dai 9 agli 11 anni, e dalle 15 alle 18 per i ragazzi dai 12 ai 15.
“L'unico modo per comprendere bene cosa sia il parkour è assistere a un'esercitazione dal vivo, senza attaccarsi agli schermi di un pc o un cellulare”, sottolinea Marco. Dunque occhi ben aperti sul mondo reale, respirando davvero a pieni polmoni la strada, lì dove il parkour è nato. Provare per credere.