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Centro | 21 febbraio 2018, 08:02

Silvio Salvo, ovvero: la rivoluzione nei social è partita da Alpignano

"Mezzo Nesta e mezzo Maldini", ha lasciato i campi da calcio per diventare l'ufficio stampa e social media manager della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. E oggi è una specie di guru per chi frequenta i social, tra personaggi e tormentoni virali

Silvio Salvo, ovvero: la rivoluzione nei social è partita da Alpignano

Se siete tra i follower dei profili social della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo non potete non amarlo. Noi abbiamo scoperto le sue radici a "Ovest" di Torino e lo abbiamo coinvolto in una chiacchierata in cui ci racconta le origini di quello che ormai è una specie di fenomeno della comunicazione web.

Silvio Salvo, classe 1978, laureato in scienze della Comunicazione. Ma soprattutto: nato e cresciuto a?
Nato a Torino. Ma cresciuto ad Alpignano. Scuola elementare alla Giacomo Matteotti di Alpignano, Scuola Media alla Alberto Tallone di Alpignano, Liceo Scientifico al Charles Darwin di Rivoli. Ci terrei anche a parlare della mia carriera calcistica".

Prego.

Prima libero, poi stopper dell'Alpignano Calcio dagli 8 ai 17 anni.
Sono sono stato convocato anche in rappresentativa regionale. Ero davvero forte: un mix tra Nesta e Maldini.

Di professione lei è quello che si definisce un ufficio stampa, ma soprattutto un "social media manager". Per di più per un'istituzione autorevole come la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino. Ma la sua vera intuizione è stata quella di interpretare una professione già innovativa di per sé in una chiave totalmente rivoluzionaria. Quando è scoccata la scintilla?

Nel2008, al cinema. Stavo guardando il Cavaliere Oscuro. Il Joker, con in mano una pistola in mano, recita: “Se introduci un po' di anarchia, se stravolgi l'ordine prestabilito, tutto diventa improvvisamente caos. Io sono un agente del caos. E sai qual è il bello del caos? È equo". Ho realizzato che i social della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo dovevano rivolgersi a tutti, non solo agli appassionati di arte contemporanea, ma anche a chi considera un'opera di arte contemporanea un “ciapa puer” per fargli cambiare (si spera) idea.

Da Batman al maestro Yoda, passando per qualunque altra cosa che su Internet diventa "virale". Ma con la capacità di acchiapparla e "brandizzarla" Sandretto un attimo prima che il resto della Rete se ne accorga e se ne innamori. Qual è il trucco?
Il trucco è avere in ufficio il Maestro Yoda, vero e unico social media manager della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, che non fa niente tutto il giorno e sta sempre su Facebook. Poi seguo questa regola: se in 2-3 ore tre miei amici condividono la stessa notizia intuisco che probabilmente, nell'arco della giornata, non si parlerà d'altro. E poi è utile sapere quali sono gli argomenti di conversazione da bar, da stadio o da estetista. L'obiettivo è raggiungere tutti i target, non solo l'abbonato a, per esempio, “Il Giornale dell'Arte” o a “Flash Art”.

Dall'ufficio stampa della Fondazione è finito spesso alle cattedre di svariati enti e istituzioni a raccontare il suo modo di fare comunicazione culturale. Si sente uno "famoso"? Che effetto le fa raccontare il suo mondo ai ragazzi?
Non mi sento famoso, non mi sono sentito famoso neanche quando una troupe della Rai è venuta da Roma per intervistarmi. Mi sembrava tutto surreale ma ero felice (e spaventato a morte). Grazie a un'intervista su Artribune il modo di comunicare sui social ha avuto molta visibilità: alcuni musei hanno cominciato ad imitare lo “stile Sandretto” e questo mi fa piacere. Raccontare i social della FSRR non è semplice. Sui social della FSRR trovi (anche) quello che non ti aspetti di trovare nella pagina social di una fondazione di arte contemporanea. Però ammetto che adoro vedere gente prendere appunti quando parlo di Maccio Capatonda o di Vulvia.

Qual è la domanda più strana che le è stata fatta?
Senza dubbio è questa: “Avere Yoda come social media manager è una scelta davvero azzeccata: un buon SMM deve avere l'autorevolezza di un maestro Jedi e l'ironia. Quanto tempo ci ha messo a sceglierlo per questo ruolo?”
La meraviglia di quella domanda è che non ci avevo mai pensato e ovviamente non avevo idea di cosa rispondere: quel pupazzo verde mi è stato regalato da una mia cara amica e un giorno ho pensato di scattargli una foto davanti ad un'opera esposta alla FSRR. Faceva molto ridere e faceva tenerezza. Dopo il Joker e la sua teoria sul caos, quella foto ha cambiato totalmente la comunicazione social della FSRR. E ora il Maestro ha una sua pagina su Facebook: @iodaioda

Chi la conosce bene, giura che lo spirito arguto e guascone ce l'ha sempre avuto, anche da ragazzo e da studente. Quando ha capito che poteva diventare una parte - peraltro caratterizzante - della sua professione?
So citare a memoria i primi film di Verdone e tutto Fantozzi. Fa parte della professione anche la mia maniacale passione per il cinema e per la musica. Inoltre chi mi conosce bene sa che è miracoloso che io sia riuscito a laurearmi e che lavori nella comunicazione. Le difficoltà che ho avuto negli anni scolastici, dalla recita della poesia "Il 5 maggio" di Manzoni in terza elementare fino alla discussione della tesi di laurea, sono state argomento di conversazione per anni (e lo sono ancora adesso). L'aspetto curioso (e veramente miracoloso) è che durante le recite scolastiche per le famiglie a fine anno queste difficoltà non venivano fuori. Ma non divaghiamo. Charlie Chaplin diceva che un "giorno senza sorriso è un giorno perso". E allora perché non comunicare, per esempio, gli orari di apertura di un museo con lo screenshot di una conversazione su whatsapp di due fidanzati o di due ubriaconi.
Proprio per le difficoltà di cui sopra ho sempre avuto uno spiccato senso dell'umorismo.
Il senso dell'umorismo + passioni + l'ambiente di lavoro (lavorare in un centro per l'arte contemporanea ha ovviamente i suoi vantaggi. La creatività qui esplode ogni giorno) + capacità di capire cosa vuole la community sui social = guarda, ascolta, leggi e crea la tua strategia.

Cosa porta di Alpignano con sé tra ricordi, affetti e legami con l'infanzia?
La domenica mattina con i boyscout. Il capo dei boyscout che mi chiede di scegliere tra il calcio e i boyscout. Il mio primo goal con l'Alpignano. I dirigenti delle altre squadre che vanno dai dirigenti della mia squadra per chiedere di controllare la mia data di nascita. Mio padre che mi porta a giocare ogni domenica mattina. Mia madre (sarà venuta 2 volte a vedermi giocare) che mi incita durante una partita fuori casa che io ho giocato da vero campioncino anche per renderle onore e per renderla felice.
Rimanere sveglio, in ansia, fino a che non sento il rumore della moto dell'amico di mio fratello che lo riporta a casa.
La sospensione, ingiusta, alle media perché il Preside pensava avessi tirato una pietra addosso a un mio compagno.

Altro?

Giocare a nascondino in mezzo al campo di grano davanti casa.
La rabbia quando letteralmente non mi escono le parole dalla bocca durante un'interrogazione o le normali letture. L'applauso, sincero, dei miei compagni in quinta elementare dopo che ripeto, senza interruzioni, una poesia a memoria (molto corta) e la commozione della maestra Adriana. Il terrore di dover ricominciare da capo dalle medie con nuovi compagni di classe.
La prima volta che ho preso il treno da solo per andare a Torino.
La porta dell'auto che si apre all'improvviso nella discesa dell'asilo “Luigi Caccia” e che mi fa cadere in mezzo alla strada.
Mio padre che suona il clacson dell'auto mentre un vigile gli fa segno di proseguire perché mi vede con un fazzoletto in testa intriso di sangue.
La prima cosa che uno fa quando comincia ad avere i primi istinti sessuali guardando i fumetti che mio fratello probabilmente rubava a qualche padre di qualche suo amico. Il ritorno a casa da una partita di calcio con il mio amico Marco Alpignano (è il suo vero cognome e vive ancora ad Alpignano) che giocava con me.

E poi?

Gli incontri con i compagni di classe in cameretta: si studiava, si fingeva di suonare in una band (con i guns 'n roses ad altissimo volume), oppure si metteva dentro il videoregistratore un VHS senza etichetta che prendevo da sotto il materasso. Quella volta che mio fratello doveva vedersi con una ragazza e mi aveva ordinato di non rientrare prima delle 3 di mattina: avevo nascosto tutti gli orologi in camera (anche dietro i poster degli Iron Maiden) e avevo messo le sveglie a distanza di 5 minuti. Avevamo 7 orologi.

Com'è Alpignano adesso, rispetto a quando c'è cresciuto lei?
Vado ad Alpignano per andare a trovare i miei e le rare volte che mi capita di passare per la piazza principale, piazza Caduti, mi stupisco di riconoscere le stesse facce che vedevo da bambino.

Se dovesse abbinare un personaggio-testimonial ad Alpignano, quale sarebbe?
Maccio Capatonda.

Il maestro Yoda sarebbe contento di questa intervista?

Lerisposte le ha scritte lui. Yoda è anche il mio ghostwriter.

Massimiliano Sciullo

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