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Attualità | 27 marzo 2018, 07:30

MiFid II e Rdr, dal modello inglese le novità per investire meglio

Arriva dall’altra parte della Manica la normativa che potrebbe dare una nuova forma al mercato azionario italiano e che lo adeguerà alla regolamentazione del Regno Unito e della maggior parte degli stati dell’Unione Europea

MiFid II e Rdr, dal modello inglese le novità per investire meglio

L’iniziativa di adeguare l’Rdr inglese è nata dalla volontà di rendere maggiormente competitivo il mercato, nonché di coinvolgere i risparmiatori maggiormente diffidenti che sinora non si erano avvicinati a queste forme di investimento a causa della mancanza di trasparenza e per i costi eccessivamente alti. Sulla stessa lunghezza d’onda della Retal Distribution Review introdotta nel 2012 in Gran Bretagna, il mercato italiano ha voluto garantire maggiori standard, non solo per i clienti più facoltosi, bisognosi di controlli sempre più frequenti su un investimento che deve votarsi alla diversificazione per evitare le continue variazioni dei titoli, ma anche per i neofiti, ossia tutti coloro che hanno superato l’iniziale scetticismo e vogliono generare un profitto dai loro risparmi.

In Italia, dopo tante polemiche e le rimostranze degli addetti ai lavori, che avrebbero voluto un approccio più leggero al cambiamento tecnologico, il MiFid II è entrato in vigore a gennaio 2018: se però i vantaggi per i risparmiatori sono già ampiamente evidenti dal punto di vista della proposta commerciale, ben più complicato è il quadro dell’intero mercato finanziario. Sono tanti infatti gli interpreti che non si sono preparati in tempo al cambiamento e ora si trovano a rincorrere l’innovazione partendo da una filiera tradizionale, lontana dalla digitalizzazione della consulenza finanziaria e da un modello che sia più snello, trasparente e meno costoso.

Lo stato dell’arte in Italia impone quindi tempi di realizzazione del cambiamento molto più lunghi e di conseguenza un ritardo che si accumula al già evidente gap che separa i risparmiatori locali da quelli europei e del resto del mondo. Per ripercorrere le tappe del progetto Rdr,  in Italia dovrebbe essere preso ad esempio lo studio del mercato dell’allora Financial Service Authority, che constatava una mancanza di professionalità e competenza degli interpreti del mercato, una carenza di chiarezza in materia di comunicazione di costi e di spiegazione dei servizi, nonché una mancanza di incentivi per coloro che proponevano al cliente prodotti non legati a determinati istituti – e quindi ad interessi più grandi – bensì valutando in primis le esigenze del cliente. Da questo studio di settore sono nati i consulenti finanziari indipendenti, il cui livello di competenza è stato standardizzato per garantire al cliente un servizio paritario. All’indomani dell’introduzione della qualifica, in Gran Bretagna è anche calato il numero dei professionisti attivi sul mercato finanziario, eliminando di fatto coloro che erano poco propensi al cambiamento, poco proattivi o maggiormente indirizzati verso i prodotti “brandizzati”.

Situazione simile potrebbe verificarsi a breve anche in Italia, dove troppo spesso i consulenti non si ritrovano a lavorare nel pieno interesse del cliente e non hanno le competenze adatte per soddisfare qualsiasi esigenza del mercato. Sul modello inglese subiranno un forte rinnovamento anche i prodotti presenti sul mercato, a vantaggio dei prodotti passivi come gli Etf, forme di investimento decisamente meno costose in materia di commissioni di gestione. Da questo punto di vista, rispetto a quanto accaduto in Gran Bretagna ormai sei anni fa, l’Italia parte avvantaggiata: ha già assistito ad una parte del rinnovamento, sa che potrebbe portare ingenti vantaggi per tutto il tessuto nazionale, in termini di trasparenza, allargamento della base clienti, maggiore competenza e un mercato più sano. Al contempo, però, l’Italia paga una certa diffidenza ad accogliere le novità e per questo, pur riconoscendo l’efficacia dei cambiamenti introdotti dal MiFid II ed “ereditati” dalla Rdr, sarà necessario un lasso di tempo più lungo per adeguare i mercati nazionali.

c.s.

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