C’è un pericolo in atto che riguarda tutti noi, in ogni parte del mondo. Può essere affrontato con diversi approcci, ma l’indifferenza, in questo caso, è ancora peggiore della paura inerte. Si tratta del cambiamento climatico, causa primaria della distruzione cui vanno incontro gli ecosistemi, inglobando piante, animali e uomini nello stesso destino. E se ai più appare una visione catastrofica, è ormai tempo di prenderne consapevolezza.
Lo sanno bene i promotori del Festival della Cucina Mediterranea a San Salvario, tornato quest’anno dopo l’edizione 2017 all’interno del calendario di eventi per Terra Madre Salone del Gusto (e realizzato grazie al progetto "Le Ricette del Dialogo", co-finanziato dall'Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo). Un’iniziativa dell’associazione “Mediterran”, che per l’inaugurazione ha riunito nel cortile dell’Istituto Santa Maria, in via San Pio V, tutte le religioni che operano quotidianamente nel quartiere. Filo comune, il rapporto tra l’uomo e l’ambiente a partire dall’enciclica di papa Bergoglio “Laudato si’”, introdotta da Carlo Petrini, che si richiama all’inno al creato di San Francesco d’Assisi. Un ragionamento sulla crisi ecologica in corso e una guida a migliorare le nostre azioni con un’ampia visione internazionale.
“Abbiamo voluto organizzare questo festival a San Salvario perché da sempre convivono tutte le religioni del Mediterraneo”, spiega Salvatore Giannino, presidente di "Mediterran". E proprio il cibo ha fatto da collegamento tra queste, portando a riflettere insieme sull’impatto dell’uomo in qualsiasi angolo della terra. “Da diversi anni ci dedichiamo intensamente al fenomeno migratorio”, dice Abderrahmane Amajou di Slow Food International. “In particolare abbiamo notato come molti delegati di Terra Madre fossero in fuga dal loro Paese per disastri legati al cambiamento climatico. Questo deve far riflettere: pensiamo sempre a certi fenomeni come qualcosa di lontano ed estraneo, ma in realtà la terra vista dall’alto è piccolissima, e tutto ciò che accade riguarda ciascuno di noi”.
Oggi c’è l’urgenza di un messaggio educativo, in primo luogo. Lo sa bene don Mauro Mergola, parroco di San Salvario: “Abbiamo sempre fatto in modo che nessun immigrato si sentisse straniero, qui. L’oratorio rappresenta un’esperienza di piccola comunità dove le diverse culture convivono, e ciascuno deve farsi motore del cambiamento”. Uno stimolo a tirarsi su le maniche che non sfugge ad alcun insegnamento religioso, come ricorda il rabbino Ariel Di Porto: “Investigare il mondo porta alla consapevolezza dell’esistenza del creato, ma la contemplazione non deve distogliere l’uomo dalle sue opere”.
Fatti concreti votati al cambiamento che però richiedono solidarietà, fratellanza, unione. Un orizzonte comune capace di abbattere i muri troppo alti edificati negli ultimi tempi tra i Paesi, anche se il Mediterraneo rappresenta un bacino in cui “si impara a conoscere il vicino di casa”, come ricorda la pastora valdese Maria Bonafede, che tuttavia spera nella nascita di una nuova vita concedendo al creato il meritato riposo dai martirii. La salvezza, per noi e tutto ciò che ci circonda, parte in fondo da un semplice gesto: “Il corano ci ricorda che c’è una ricompensa per chiunque salvi un essere vivente”, spiega l’imam. Così come il divieto dello spreco alimentare: “Maometto dice che non c’è recipiente che l’uomo riempa peggio dello stomaco. È diviso in tre parti: una per il bere, una per il mangiare e una da lasciare vuota, per respirare”.
Da chiunque giunga il messaggio divino, non c’è dubbio che sia conforme anche al più laico dei pensieri. Lo testimonia l’incontro tra Carlin Petrini e il vescovo di Rieti Domenico Pompili, con cui è stata avviata la “Rete del Laudati si'” dopo i sismi ad Amatrice. “Lo sviluppo è ben diverso dal progresso”, ricorda. “Non si può più distinguere la questione ecologica da quella economica, spirituale, politica. Dobbiamo agire a partire dal nostro territorio, come una vera comunità”. E quale luogo migliore di San Salvario può assumersene l’impegno? Qui dove sono convogliate le più diverse testimonianze dal mondo, il messaggio di rinascita non è solo fatto di parole vane. “L’umanità così facendo rischia l’estinzione – dichiara Petrini –, ma Terra Madre ci insegna che una moltitudine di contadini e semplici pescatori può ritrovarsi e dialogare pur professando fedi differenti”. E lo dice lucidamente da agnostico.