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Attualità | 18 dicembre 2018, 19:52

Torino città magica, capitale di una suggestione che nemmeno la tecnologia riesce a scalfire

"In città il fatturato dei mercanti dell'occulto è superiore a quello della Fiat", recita il volume di Camilla Cederna, "Casa nostra". E col passare del tempo il fascino sembra non subire cedimenti

Torino città magica, capitale di una suggestione che nemmeno la tecnologia riesce a scalfire

E’ opinione diffusa, ormai, che Torino sia una città magica. Non solo per la bellezza del territorio, che conserva un’esaltante capacità seduttiva in grado di provocare al visitatore un effetto catartico, ma anche dal punto di vista esoterico. 
Quasi tutti, infatti, conosceranno seppur a grandi linee le varie leggende che si tramandano su Torino, la disposizione delle piazze, Piazza Castello simbolo positivo della città, contrapposta a Piazza Statuto che invece incarna l’elemento tenebroso e quindi negativo.

Interessante è il racconto presentato su un libro di Camilla Cederna intitolato “Casa nostra” che presenta un viaggio tra i misteri che avvolgono l’Italia. Ci troviamo nella metà di febbraio 1982, il primo capitolo è proprio dedicato a Torino: si legge, nel corso di un dialogo intrapreso con un signore definito un “intellettuale un po' cinico, molto ricco, ironico e cortesissimo, che a Torino, lo chieda pure in giro, il fatturato dei mercanti dell’occulto è superiore a quello della Fiat”. 

Ecco, forse questa affermazione rende l’idea di quello che è il ruolo che svolge la magia nella città sabauda. Lo stesso discorso vale anche a livello nazionale ancora oggi. Una recente statistica del Codacons ha prospettato dati allarmanti. Secondo la ricerca, infatti, almeno 13 milioni di italiani farebbero ricorso alla magia e sarebbero 160mila gli operatori dell’occulto. Al di là di questi dati, occorre però indagare le cause che spingono così tanti soggetti a rivolgersi a questi particolari fenomeni, tenendo comunque in considerazione che l’elemento magico, come sottolineato da diversi antropologi, ha assunto sempre un ruolo particolarmente rilevante soprattutto nelle comunità locali. La magia, dunque, si è sempre posta come alternativa e curativa del dramma esistenziale, situazione di naufragio dell’io, determinata dalla debolezza della carne e dalla fragilità dell’animo che rischia dunque di perdersi.

Un importantissimo antropologo italiano, Ernesto De Martino ha analizzato a lungo il ruolo svolto dalla “magia” intesa come “forma di rifugio” dell’uomo dinanzi alle incertezze della vita. In “Sud e Magia” del 1959, lo studioso configura la magia come “rito, potenza del gesto e della parola”. Risulta quindi strano, configurare un tale significato del ricorso alla magia, con l’inaspettata odierna richiesta dell’elemento magico. La tecnologia, la globalizzazione e l’evoluzione moderna dell’uomo nella direzione di emanciparlo dall’elemento “sacro”, verso forme di apolidia da verità assolute, non ha però forse, emancipato l’uomo da forme e fenomeni come la magia, che vedono al centro delle cause, la razionale sicurezza di stampo cartesiano e la mancanza di un riferimento “sacro”, quest’ultimo in grado di restituire senso all’esperienza terrena.

Antonio Chiarella

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