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Attualità | 28 luglio 2019, 19:57

Oltre i confini in aiuto dei migranti: Il Pulmino Verde in partenza da Torino per la Bosnia

E' il terzo viaggio lungo la rotta balcanica organizzato dalla Onlus di giovani universitari. Dal 1° al 9 agosto, opererà nei campi di Bihać e Velika Kladuša, portando beni di prime necessità

Oltre i confini in aiuto dei migranti: Il Pulmino Verde in partenza da Torino per la Bosnia

Un furgone vuoto in viaggio verso la Bosnia-Erzegovina, seguendo la via dei migranti che marciano per la salvezza un piede dietro l’altro. È la nuova missione estiva del Pulmino Verde, che da tre anni parte da Torino per raggiungere i campi profughi lungo la rotta balcanica, portando beni di prima necessità e assistendo uomini, donne e bambini nel lungo, e spesso pericoloso, cammino che li attende.

Partenza il 1° agosto, direzione cantone di Una-Sana, al confine con la Croazia. Qui i volontari – circa sei, tutti giovani studenti o neolaureati tra i 25 e i 30 anni – si stabiliranno principalmente a Bihać e Velika Kladuša, dove i migranti si ritrovano in piccoli gruppi alla stazione degli autobus o nei parchi della zona, per poi partire verso il confine a qualche chilometro di distanza, incappando in grossi rischi, tra cui la presenza di mine inesplose, vecchio residuo della guerra dei Balcani.

Quest’inverno – spiega la presidente del Pulmino Verde Fernanda Torrela polizia faceva togliere ai profughi le scarpe, che erano quindi costretti a camminare scalzi sul terreno minato. La situazione lì è ancora molto difficile. Solo nel cantone di Bihać ci sono circa 6000 persone e pochi campi per ospitarli. Le condizioni igieniche-sanitarie di conseguenza sono molto critiche. Il nostro obiettivo è quello di lavorare in rete con associazioni, Ong e cittadini del luogo che ogni giorno prestano aiuto ai migranti: abbiamo già diversi contatti”.

La Onlus è nata nell’agosto 2016 a Torino, dopo un viaggio fulminante al campo profughi di Idomeni, in Grecia, il più grande d’Europa, pochi mesi prima. Qui i giovani volontari hanno lavorato a stretto contatto con numerose organizzazioni internazionali e associazioni locali. Tornati in Italia, hanno deciso impegnarsi a fondo nella sensibilizzazione sul fenomeno migratorio, in primis diffondendo un’informazione corretta, non distorta da pregiudizi e dicerie correnti.

Come prima attività nel territorio, il Pulmino Verde ha operato nel campo della Caritas allestito presso la Chiesa di Sant’Antonio a Ventimiglia, la “casa dei migranti” delle Gianchette chiusa per un certo periodo nel 2017. E adesso, nel Torinese, i volontari portano avanti due progetti di lavoro: un workshop sulla cittadinanza attiva all’interno della scuola superiore “Altiero Spinelli”, e uno all’interno del Centro di Accoglienza Straordinario di Alpignano, in collaborazione con l’associazione culturale Acuarinto. “Le nostre iniziative – spiega Fernanda – hanno tutte un denominatore comune: vedere nell’integrazione non solo una risorsa, ma un necessario obiettivo il cui raggiungimento non può essere rimandato”.

A differenza degli altri due viaggi balcanici, quest'anno non partiranno con un pulmino carico di beni, per evitare i lunghi controlli alle dogane delle frontiere. “Compreremo tutto in loco – precisa la presidente –. Abbiamo fatto una raccolta fondi, qui in Italia, che ci servirà laggiù per l’acquisto dell’occorrente. Servono soprattutto pannolini, abbigliamento da uomo, creme per le escoriazioni e contro gli insetti, cerotti e prodotti per l'igiene intima”.

Un’avventura in una terra poco conosciuta, quasi dimenticata, dove i profughi subiscono costantemente forti pressioni dalla polizia bosniaca e croata, e la diffidenza degli operatori locali è sempre molto alta. A un anno e mezzo dagli arrivi di massa in Bosnia, di fatto le istituzioni fanno ancora fatica a gestire le ondate migratorie. E i flussi, provenienti per lo più dal Medio Oriente, ma anche dall’Africa, trovano lì uno sbarramento che ritarda la marcia e rende insostenibile la permanenza, proprio per la mancanza di servizi idonei all’accoglienza. Ora i centri sono gestiti dall’Iom, Organizzazione internazionale per le migrazioni, insieme con l’Unhcr, ma la mancata collaborazione delle autorità locali rappresenta tuttora il principale impedimento alle reti solidali costruite.

Abbiamo deciso – conclude Fernanda – di vedere coi nostri occhi quella realtà. e provare, come sempre, a dare il nostro piccolo contributo. Vogliamo portare a casa, il 9 agosto, un bagaglio di impressioni, opinioni e idee da condividere, per mettere in luce anche questa ennesima pagina buia di un'Europa dei confini”.

Manuela Marascio

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