Il suo discorso ufficiale l’ha chiuso con due parole chiave: umiltà e fiducia. Alessandra Trotta, nuova moderatora della Tavola valdese per un anno, ha spiegato come “l’umiltà apre all’ascolto e al dialogo e la fiducia deve essere in Dio, ma anche fra di noi, nelle nostre chiese”.
Cinquantun’anni, laureata in Giurisprudenza a Palermo, è stata avvocato civilista fino al 2001, poi ha scelto di partecipare attivamente alla sua Chiesa metodista, entrando nel 2003 nella Diaconia. Un percorso che ha ricordato brevemente nel suo discorso, mentre nella conferenza stampa ha spiegato come lei sia un’espressione della minoranza in un credo di minoranza come quello delle chiese evangeliche: è infatti la prima metodista a presiedere la Tavola valdese, ovvero l’organismo con cui le chiese metodiste e valdesi si rapportano con lo Stato e con le organizzazioni ecumeniche. I metodisti hanno stretto con i valdesi un patto di integrazione nel 1975.
Trotta ha poi precisato, come in realtà, i componenti della sua chiesa non si sentano minoranza, ma si sentano una componente della società: “Viviamo senza complesso di inferiorità. A prescindere da quanti si è numericamente, si può contribuire in modo positivo alla costruzione della società”. Alla domanda sull’atteggiamento che la Tavola valdese terrà con il prossimo Governo, la moderatora è stata chiara: “Abbiamo sempre avuto un rapporto di rispetto con le istituzioni pubbliche, ma terremo la schiena dritta per richiamarle al loro dovere”.
Il Sinodo 2019 si è chiuso nel segno delle donne, perché oltre alla moderatora e alla sua vice Erika Tomassone, fanno parte della Tavola valdese altre tre donne, Laura Turchi, Greetje van der Veer, Dorothea Müller, con solo due maschi Italo Pons e Ignazio Di Lecce.
Proprio l’elezione del vice ha creato un po’ di fermento, perché alla prima votazione Ruggero Marchetti, che sembrava il prescelto, non ha raggiunto per un soffio i voti necessari, e ha deciso di farsi da parte in vista di una seconda votazione che ha premiato Tomassone.