"Ma quando potremo tornare al cinema, esisteranno ancora i cinema? Saranno rimasti lì ad aspettarci?”. È questo l’interrogativo lanciato su Facebook da Aiace Torino (Associazione Italiana Amici del Cinema d’Essai) all’indomani dell’ultimo Dpcm, che prevede la riapertura di attività produttive e (alcuni) esercizi commerciali escludendo ancora tutto il comparto degli eventi e spettacoli dal vivo.
L’associazione, avente come mission “la promozione e la diffusione del cinema di qualità nella sua sede naturale, la sala cinematografica”, conta a oggi sul solo territorio torinese oltre 8000 soci: “una fetta di pubblico tale da farci sentire abbastanza forti per esprimere una seria preoccupazione”, scrivono.
“Nella narrazione pubblica e politica il problema delle sale cinematografiche e della loro riapertura ci sembra totalmente assente”, continuano, ricordando uno dei ruoli fondamentali dei cinema, da intendersi come “luogo di partecipazione collettiva e di socialità”. Una dimensione comunitaria ora minacciata dalla pandemia, che compromette l’esistenza stessa di tanti luoghi di cultura.
“La gran parte delle sale, specie quelle aderenti al nostro circuito - spiegano da Aiace -, sono gestite (salvo rare eccezioni) da strutture indipendenti, che potrebbero non sopravvivere a una chiusura sine die. Il rischio che stiamo correndo non è la crisi di un settore, ma la sua decimazione”. Si tratta di luoghi storici per la distribuzione cinematografica a Torino: Ambrosio, Baretti, Classico, Nazionale, Fratelli Marx, Lux, Massimo, Eliseo, Romano, per citarne solo alcuni.
Un album di ricordi lunghissimo, che in questi giorni di quarantena varrebbe la pena risfogliare. A partire dalle origini di tutto, sul modello francese dei Cinémas d’Art et d’Essai, con il fondatore Federico Peiretti più uno stretto gruppo di cinefili torinesi, che coinvolgono l’esercente Gianni Pilone del Cinema Centrale, già molto attivo nella programmazione di qualità. La proiezione del film Fuochi Nella Pianura, di Kon Ichikawa, sancisce, il 1° febbraio 1968, l’inizio dell’attività associativa; e la sala di via Carlo Alberto diventerà presto un punto di riferimento della vita culturale cittadina, come punto d’incontro tra il pubblico torinese e la rivoluzionaria produzione delle nouvelles vagues, da quella francese e brasiliana, al nuovo cinema americano, al Free Cinema inglese fino al giovane cinema tedesco. E poi l’ingresso, nel direttivo, di numerosi nomi di spicco quali Gianni Volpi, Alberto Barbera, Gianni Rondolino, Paolo Gobetti, Ugo Buzzolan e Nino Ferrero. E il successo negli anni, sancito da una programmazione di qualità unita a una vasta produzione di materiali critici e informativi. Senza contare l’impegno costante nella didattica, a partire dagli anni Ottanta, nelle scuole di ogni ordine e grado.
Ora, con un futuro incerto e la totale assenza di prospettive, a fronte di questo lungo periodo di stop, l’associazione ha comunque messo in campo alcune iniziative online, dedicate a tutti gli spettatori costretti in casa.
Come “Aiace sul sofà”, che ha reso disponibile in streaming una vasta selezione di titoli dallo scorso 10 marzo - lungo e cortometraggi, documentari o di fiction, prodotti da amici e collaboratori dell’associazione –, tra cui Dopo mezzanotte di Davide Ferrario, Vita nova di Danilo Monte e Laura D’Amore, Nera di Andrea Deaglio, Benvenuto in San Salvario di Enrico Verra.
“Auspicando che giungano il prima possibile segnali di attenzione da parte della politica e delle istituzioni - conclude Aiace -, non possiamo che ribadire la nostra vicinanza alle sale torinesi e il nostro impegno al loro fianco appena – tutte, nessuna esclusa, vogliamo sperare – potranno riaprire".