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Attualità | 01 dicembre 2020, 07:59

Proteste o pretesti

OsservaTorino, un punto di vista su cosa accade in città fornito da Domenico Beccaria. L'argomento di oggi? La Didattica a distanza

Proteste o pretesti

Tra le tante grane che in questo periodo travagliato passano sulla scrivania di Cirio, la più rumorosa di tutte riguarda la scuola. Gli studenti si accampano sotto la Regione, in piazza Castello, per chiedere di ritornare in classe e i media mainstream cittadini cavalcano l'onda.

Credo però sia corretto dare al problema la sua reale dimensione. 

Il provvedimento firmato da Cirio, interessa esclusivamente gli studenti e studentesse di seconda e terza media ed esclusivamente per i giorni precedenti il Natale, ovvero, calendario alla mano, una decina di giornate. 

Esaminando uno ad uno gli striscioni esposti dai giovani, scopriamo che motivo del contendere sarebbe in primis la presunta incoerenza tra la chiusura delle classi e la folla irresponsabile vista domenica per alcune vie del centro cittadino: ebbene hanno ragione i ragazzi, ma dubito che la gente abbia affollato il centro cittadino su sollecitazione del governatore, che anzi oggi si è detto profondamente contrariato dallo spettacolo offerto da quella parte di torinesi indisciplinati, chiedendo maggior rigore nei controlli per il futuro; va dunque rivolta ai loro genitori ed ai loro coetanei, l'indignazione degli studenti, non a Cirio. 

Sempre riguardo a questo tema, ovvero “shopping natalizio si, scuole aperte no”, si diano pace.

Detto con molta crudezza, la loro presenza in classe, nell'immediato, non ha alcun effetto positivo sull’economia nazionale, già pesantemente provata dal precedente lockdown, mentre gli acquisti natalizi hanno un impatto immediato, stimato in oltre sette miliardi di euro, ossigeno puro per le casse asfittiche dei commercianti e dello Stato. 

Se credessimo, come sostiene qualcuno, che questi dieci giorni di didattica a distanza impedirebbero la corretta formazione professionale delle future leve di dirigenti ed imprenditori italiani, oltre a fare un grave torto alle capacità ed alla dedizione degli insegnanti ed alla volontà e capacità di apprendimento dei ragazzi, potremmo anche credere alle favole, visto che stiamo parlando di seconde e terze medie. 

Ma si scopre chi c'è dietro a queste proteste studentesche, leggendo il comunicato di un gruppo di docenti di Scienze della Formazione, che citano “...educazione, educazione alla sicurezza, seguendo le norme adeguate di comportamento, educazione civica, educazione alla convivenza tra diversità e alla relazione tra pari” fra le ragioni di contrarietà al provvedimento di chiusura delle seconde e terze medie. 

Anche in questo caso, pensare che dieci giorni a casa, impediscano ai ragazzi di assimilare valori così importanti, che tra l'altro conoscono molto bene e più volte hanno dimostrato di apprezzare, è fare un grave torto a loro ed alla loro intelligenza e sensibilità. 

Senza contare che anche i sindacati si schierano per la DaD, sostenendo giustamente che “considerare la Didattica Digitale Integrata come tempo perso, rappresenta un misconoscimento dell'attività didattica svolta, del grande lavoro anche volontario di questi mesi e del carico sulle spalle degli studenti”.

L'impressione, detto proprio papale papale, è che dietro a cotanto zelo cognitivo, ci sia un ben più consistente interesse politico a creare artificiose polemiche e difficoltà alla giunta regionale ed al suo presidente, più che una volontà di tutelare lo sviluppo sociale ed educativo delle giovani leve.

A questo punto mi chiedo quanto sia lecito, da parte di qualcuno, di giocare sulla pelle dei giovani ed usarli come armi politiche contro gli avversari, piuttosto che pensare alla loro salute ed a quella della collettività, attuando un rientro a gennaio, quando auspicabilmente, la situazione dei contagi potrebbe essersi raffreddata, come sottolineato dall’ordine dei medici di Torino.

Domenico Beccaria

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