Migliaia di visite sospese e di servizi non erogati, pazienti “abbandonati” e privati delle cure. L’altra faccia del Covid è la dismissione di gran parte della medicina ambulatoriale, ferma a causa degli sforzi profusi per contrastare la pandemia.
A lanciare l’allarme è Guido Giustetto, presidente dell’Ordine dei Medici di Torino: “E’ comprensibile la decisione dell’Asl di sospendere le attività differite e programmate per concentrarsi sulla pandemia, ma si va incontro a una sospensione di prestazioni che non sempre sono rimandabili”. Il risultato? Tanti pazienti cronici, che hanno bisogno di un monitoraggio continuo, non vengono più seguiti. Il quadro delineato da Giustetto è allarmante: “Dai cardiopatici ai diabetici, diversi malati sono peggiorati perché non hanno potuto essere seguiti”.
Due le soluzioni delineate per ripristinare quel contatto indispensabile con il territorio: il ricorso alla telemedicina e la ripresa dell’attività specialistica ambulatoriale, quantomeno graduale: “Con una buona disposizione di dispositivi di sicurezza le visite negli ambulatori potrebbero essere garantite in sicurezza. Oggi i dpi li abbiamo” afferma il presidente dell’Ordine dei Medici di Torino: "possiamo mantenere la medicina territoriale".
La preoccupazione è condivisa da Renato Obrizio, cardiologo e segretario regionale del Sumai (sindacato unico di medicina ambulatoriale italiana): “Si è creata una frattura tra pazienti Covid e non Covid in termini di assistenza. Le difficoltà del primo lockdown sono state tamponate nel migliore dei modi, ma noi operatori siamo perplessi sulla decisione di bloccare in modo repentino l’assistenza nei poliambulatori pubblici delle attività già programmate”. Secondo Obrizio, solo nell’Asl Città di Torino sarebbero 1.200 le ore settimanali di attività specialistica “stornate” per altre attività legate al Covid. Tantissime, con annesse difficoltà per i pazienti.
Caterina Marsaglia, in rappresentanza dell’associazione Aisf, ribadisce come “diversi malati cronici si siano trovati in grandissima difficoltà a seguito dell’emergenza Coronavirus. Nel primo lockdown si è resistito - spiega - Ora c’è urgenza e si rischia di lasciare i malati in condizione di vero e proprio abbandono”.
Consapevole della situazione Carlo Picco, commissario dell’Asl Città di Torino: “L’incremento repentino di pazienti Covid, a marzo come a ottobre, ci ha obbligati a fermare le attività non urgenti”.
“E’ stato redatto un piano per riprogrammare le attività ambulatoriali, ma riconvertire di continuo le figure professionali è molto complesso: abbiamo costruito l’ospedale del Valentino perché è un polmone che ci tranquillizza per la prossima fase” spiega il commissario. “Sono stati salvaguardati i pazienti cronici. Il sistema, seppur faticosamente, reagisce e le cure domiciliari stanno iniziando a dare i risultati” conclude speranzoso Picco.
Intanto, il consigliere comunale Francesco Tresso ha presentato un ordine del giorno che impegna la sindaca e la Giunta a istituire un monitoraggio periodico dei dati relativi all’assistenza ambulatoriale erogata e ad attuare ogni misura perché non vengano interrotte le prestazioni specialistiche per non penalizzare i pazienti cronici e gli anziani.