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Eventi | 17 gennaio 2021, 15:20

Capolavori nascosti del cinema tra gli anni '40 e '70: Mereghetti in 12 pillole per Aiace Torino

Totò, Anna Magnani, Aldo Fabrizi e Giulietta Masina tra i protagonisti. Si comincia lunedì 18 gennaio

siamo uomini o caporali

"Siamo uomini o caporali", di Camillo Mastrocinque (1955)

Aiace Torino dà il via alle iniziative online per il nuovo anno. Il primo appuntamento sarà con “Una storia segreta del cinema italiano”, raccontata dal critico Paolo Mereghetti in una serie di undici videopillole, dedicate ad altrettanti film prodotti nel nostro Paese tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio dei Settanta, tutti, per motivi diversi, poco frequentati e ingiustamente trascurati e penalizzati dalla memoria collettiva.

I loro registi sono tutti, più o meno, considerati di secondo rango - spiega Mereghetti -. Non ci sono film diretti da Fellini, Visconti, Antonioni o Rossellini. Eppure sono opere attraverso cui gli spettatori potranno fare belle scoperte, perché alcune di esse si possono davvero considerare capolavori nascosti".

Con uno stile rapido e incisivo simile a quello del suo celebre “Dizionario dei film”, il critico condensa in una manciata di minuti le singole presentazioni online. Ogni film viene esaminato inquadrandolo nello specifico contesto storico, soffermandosi sulla regia e sugli attori, protagonisti o non protagonisti, raccontando curiosità e aneddoti del backstage e, soprattutto, illustrando le ragioni per cui vale la pena, oggi, di vederlo – o rivederlo – e rivalutarlo.

Le videopillole verranno diffuse settimanalmente (ogni lunedì) a partire dal 18 gennaio, sul canale YouTube dedicato e sui social di AIACE Torino, secondo la successione cronologica dei film selezionati, tutti di facile reperimento gratuito in rete. 

Si comincia con una pellicola del ’47, L’onorevole Angelina, di Luigi Zampa, bollata come “qualunquista” dalla critica progressista dell’epoca, “mentre – precisa Mereghetti –, come diceva giustamente Italo Calvino, è un film non solo sul popolo, ma per il popolo”. Si passa poi a una pellicola realizzata un anno dopo, Fuga in Francia, di Mario Soldati, “un vero capolavoro che non si capisce come possa essere stato dimenticato per troppi anni”.

Si entra quindi nei prolifici anni Cinquanta con I cadetti di Guascogna, diretto da Mario Mattoli, capace di filmare “con cura straordinaria quegli sketch che hanno fatto la storia dell’avanspettacolo e della comicità in Italia”. A seguire, due film girati nel ’51: I figli di nessuno, “caso emblematico di questa Storia segreta del cinema italiano”, perché tra le opere migliori di Raffaello Matarazzo, autore di clamorosi successi da milioni e milioni di spettatori eppure costantemente snobbato dalla critica dell’epoca, e La famiglia Passaguai, firmato da un grande attore come Aldo Fabrizi, “considerato sempre marginale come regista e che invece varrebbe la pena di riscoprire per il suo tocco originale, per la sua capacità di tenersi lontano dalle mode e dai modi tradizionali di fare cinema”. Concludono l’excursus sul decennio due altri titoli: Siamo uomini o caporali, diretto da Camillo Mastrocinque nel ‘55, “che sintetizza compiutamente la filosofia di Totò e il suo essere sempre stato, fondamentalmente, dalla parte degli ultimi”, e Fortunella, firmato da Eduardo De Filippo nel ’58, nato “sull’onda dei grandi film felliniani di quegli anni, sceneggiato dallo stesso Fellini con Flaiano e Pinelli, in cui si ritrova una bravissima Giulietta Masina”.

Si passa poi al decennio successivo con I giorni contati, del ’62, “forse una delle opere migliori di Elio Petri, un film davvero da riscoprire, una di quelle avventure cinematografiche che lasciano il segno dentro”. A seguire, una pellicola realizzata l’anno dopo, La parmigiana, di Antonio Pietrangeli, “una spregiudicata ‘educazione sentimentale’ interpretata da un’acerba Catherine Spaak, che apre la strada a una serie di straordinari personaggi di donna nel cinema italiano”, e I basilischi, diretto, sempre nel ’63, da Lina Wertmüller, “un film in bilico tra la commedia e la satira impietosa”.

Il ciclo si conclude con Venga a prendere il caffè da noi, diretto nel ’70 da Alberto Lattuada, “un grande ostracizzato del cinema italiano e invece autore di bellissime commedie in cui l’erotismo diventa lo specchio deformante della finta moralità e dei vizi della borghesia”.

Manuela Marascio

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