Proprio nel giorno in cui la Regione, attraverso il Dirmei, ha deciso nuovamente di sospendere tutte le visite, gli esami e le operazioni non urgenti in Piemonte, l'assemblea 'Riapriamo il Maria Adelaide' ha alzato la posta in palio per la sua protesta contro la vendita a privati della struttura ospedaliera di lungo Dora Firenze dismessa ormai da anni. Dopo la raccolta firme tutt'ora in corso, le molte riunioni online e i presidi in presenza, i cittadini, collettivi, comitati, sindacati di base ed ex dipendenti che fanno parte del gruppo hanno infatti presentato un vero e proprio progetto di recupero.
Il progetto
L'idea prevede il mantenimento della funzione sanitaria pubblica puntando, principalmente, sulla medicina territoriale: “La continuità assistenziale - ha spiegato Mauro Pedone, fisioterapista e attivista dell'assemblea – è ormai disattesa da anni. Per questo vogliamo un presidio di quartiere, aperto almeno 12 ore al giorno, in cui medici generali, specialisti e infermieri possano prendere in carico i residenti garantendo un accesso più immediato alle cure con percorsi di diagnosi, terapia e assistenza ed evitando che i pazienti si trasformino in trottole impazzite sballottate tra una struttura e l'altra”.
L'altro focus toccato dal progetto è quello della riabilitazione: “Contemporaneamente - ha aggiunto – auspichiamo l'apertura di un centro residenziale e ambulatoriale in grado di differenziare le risposte sanitarie da destinare ai pazienti che necessitano del recupero di capacità e autonomie, permettendogli di rientrare a casa con un approccio completo. Il tutto, infine, dovrebbe essere svolto in sinergia e in rete con le professionalità dei servizi socio-assistenziali della Città”.
Le ragioni politiche e le richieste alle istituzioni
La proposta fatta dall'Assemblea nasce da considerazioni politiche: “Il Maria Adelaide - ha dichiarato Jacopo del collettivo Manituana – deve diventare una Casa della Salute in grado di democratizzare cure rese deboli da una politica fatta da tagli e accentramenti, come dimostrato dalla pandemia con la carenza di posti letto e di personale sanitario, la debolezza del tracciamento, il sovraccarico degli ospedali e l'allungamento delle liste di attesa”.
Il tutto si traduce anche in richieste concrete: “La medicina territoriale – ha proseguito - è supportata da decenni di studi, sarebbe ora di restituire ai cittadini quello che gli è stato tolto: per questo chiediamo a Comune e Circoscrizione 7 di aumentare la pressione sulla Regione, l'apertura di un fronte di dialogo tra la stessa Regione e l'Assemblea, una perizia pubblica con controllo popolare sulla struttura e la rinuncia, da parte dell'Università di Torino, ad acquistarla per la realizzazione di una residenza in ottica Universiadi”.