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Eventi | 21 marzo 2021, 16:06

I conflitti familiari esplodono sul palcoscenico, con le nuove produzioni di TPE

Il drammaturgo francese Pascal Rambert cura la prima regia italiana di "Sorelle", protagoniste Sara Bertelà e Anna Della Rosa. E Marco Lorenzi porta in scena "Festen", film danese di Thomas Vinterberg, capostipite del manifesto Dogma95

Sorelle

Una scena di "Sorelle" al Teatro Astra

Anche a platee spente e sipari chiusi, non si è mai fermata, in questi mesi, l'attività di TPE- Teatro Piemonte Europa, che, all'Astra, ha ospitato le prove di due nuove produzioni. 

Si tratta di Sorelle, pièce scritta nel 2017 dal pluripremiato drammaturgo francese Pascal Rambert (qui con Sara Bertelà e Anna Della Rosa) e Festen. Il gioco della verità, tratta dalla sceneggiatura dell’omonimo film danese del 1998 diretto da Thomas Vinterberg e scritto da Mogens Rukov: la prima opera aderente al manifesto Dogma95 (firmato da Søren Kragh-Jacobsen, Kristian Levring, Lars Von Trier e lo stesso Vinterberg), un "voto di castità" sulla tecnica cinematografica, secondo cui "la vita interiore dei personaggi deve giustificare la trama". A portarla in scena è Marco Lorenzi, regista allievo di Valter Malosti alla Scuola per attori del Teatro Stabile e fondatore della compagnia torinese Il Mulino di Amleto.

Due opere che analizzano entrambi le dinamiche di esasperazione ed esplosione dei conflitti all’interno di nuclei e relazioni familiari. Un tema che le restrizioni e le fragilità imposte dal Covid hanno drammaticamente riportato all’attualità.
Rambert decide di scrivere Soeurs (Marina & Audrey) nell’ottobre 2017, il giorno dopo aver visto una pièce in cui erano protagoniste Marina Hands e Audrey Bonnet. La scrittura o la messinscena sono, per l’autore, una risposta a domande che emergono. Le attrici, in quel caso, non stavano chiedendo nulla. Stavano soltanto recitando, ma con una tale forza ed una tale energia complementari fra loro che Rambert decide di dare una risposta a questa combinazione di energie.

Un conflitto immenso tra due persone che tutto separa e tutto riunisce. Una lotta all’ultimo sangue. Piede contro piede. Parola contro parola. Corpo contro corpo. Per dirsi - attraverso tutta questa violenza tra sorelle - solamente una cosa: l’amore che provano l’una per l’altra.

In scena, le due attrici sono come due blocchi di energia che si muovono in una relazione organica nello spazio, pressoché vuoto; il rapporto con gli oggetti della scena non ha niente a che vedere con quello che le sorelle dicono. È qualcosa che non è messo in scena, ma tutte le sere viene rimesso in gioco. Una prova attoriale estremamente tosta, anche dal punto di vista fisico. 

Festen è ormai divenuto un classico nei teatri europei: questa è la prima versione in assoluto ad essere presentata in Italia. 

Una grande famiglia dell’alta borghesia danese, i Klingenfeld, si riunisce per festeggiare il sessantesimo compleanno del patriarca Helge. Alla festa sono presenti anche i tre figli Christian, Michael e Helene. Il momento di svolta sarà il discorso di auguri del figlio maggiore Christian, che cambierà per sempre gli equilibri di quelle persone, di quel mondo e porterà alla disgregazione della maschera dietro alla quale è nascosto il lato oscuro della famiglia.

La festa si trasforma così in un gioco al massacro volto a mettere in discussione, in un crescendo di tensione, il precario equilibrio familiare fondato su rapporti ipocriti, indicibili segreti, relazioni di potere malsane.

Spiega il regista Lorenzi: "Festen ci chiama in causa, ci sposta dall’indifferenza in cui pericolosamente rischiamo di scivolare ogni giorno di più, soprattutto in un tempo costellato da paure e incertezze come il nostro, un tempo di divertissement e entertainment mentre intorno a noi tutto si sgretola. Apparentemente sembra raccontare una festa di famiglia per celebrare i 60 anni del patriarca, ma in verità ha a che vedere con il nostro rapporto con la verità, con il potere e con l’ordine costituito. Sono sempre più sicuro che il nostro Festen sia una comunità di esseri umani che recitano una commedia mentre uno di loro combatte come un pazzo per mostrare che in realtà sono tutti in una tragedia. Per questo Festen è politico, radicalmente politico".

Manuela Marascio

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