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Eventi | 19 maggio 2021, 11:00

Alessio Boni si racconta a Torino: "Impariamo a dire di no ai ragazzi perché trovino la propria dimensione" [INTERVISTA]

L'attore presenta la sua autobiografia "Mordere la nebbia", domani al Circolo dei lettori: "Ho scelto di scriverla quando è nato mio figlio in pieno lockdown"

Alessio Boni

Alessio Boni presenta al Circolo dei lettori il suo libro "Mordere la nebbia"

Il posto dove nasci orienta di certo la tua vita, ma non arriverà mai determinarla del tutto. E l'esistenza piccolo-borghese della provincia bergamasca può essere il trampolino di lancio per buttarsi a capofitto nell'inseguimento di un sogno. Alessio Boni, attore tra i più apprezzati della sua generazione, in Italia, parte da qui per costruire il suo pri­mo libro che è insieme autobiografia e riflessione. Mordere la nebbia (Solferino, 2021) viene presentato domani in presenza e in streaming al Circolo dei lettori di Torino: un racconto che si snoda tra i grandi personaggi cui Boni ha dato corpo in scena o sul set – da Amleto a Caravaggio, da Don Chisciotte a Ulisse – e le missioni umanitarie compiuto in alcuni dei più terribili teatri di guerra degli ultimi vent’anni, come testimonial al seguito di Save The Children e Medici Senza Frontiere. Una storia che vuole farsi esempio e monito scegliere, ogni giorno, in che direzione diventare uomini. 

Boni, da cosa nasce il bisogno di scrivere un’autobiografia?

Ho iniziato molto presto, a 19 anni, a mordere la vita, scavando dentro i demoni che mi portavo dentro. Ma prima d’ora non avevo mai pensato di scrivere nulla per mancanza di tempo, tra tv, teatro e cinema. Il cortocircuito è scattato durante la pandemia, quando è nato mio figlio, il 22 marzo 2020. Questo evento ha fatto innescare la mia decisone e ho risposto finalmente di sì alle richieste che già diverse volte mi aveva fatto la casa editrice Solferino. Vedevo lo sguardo di mio figlio che mi poneva delle domande, faceva dei gesti che mi ricordavano la mia infanzia, e da lì è partito un flashback, ho analizzato il mio percorso e selezionato le tappe più importanti. È stato relativamente semplice, lo racconto come se fossi davanti a un bicchiere di vino, a chiacchierare con qualcuno.

Ma questo libro non racconta solo la tua vita, si rivolge anche a tutti coloro che si sentono ingabbiati in un destino che non hanno scelto e cercano comunque di reagire. 

Certo, il libro vuole essere uno sprone, un cercare di far capire all’altro il percorso di ogni vita. L’ho scritto pensando in primo luogo ai giovani, che in questa fase storica sono spesso disillusi. Io dico: se tu nasci in un mondo che non ti permette di sognare, va’ fuori e cercalo da te, il tuo sogno. Nella vita possiamo scegliere tutto, tranne dove nascere e in quale famiglia. È un aspetto che mi colpisce da sempre: se nasci nella striscia di Gaza o a Scampia sembra che su di te gravi un destino talmente segnato da non lasciarti via d’uscita, ma io esorto tutti a trovare la propria dimensione, in primis. E poi la professione che realmente si desidera, abbandonando la logica patriarcale, tipicamente occidentale, dell’eredità del mestiere che passa dal nonno al padre e dal padre al figlio. A chi viene a trovarmi in camerino dopo gli spettacoli dico sempre che ci vuole coraggio per poter inseguire i propri sogni. La vita ti può dare un’opportunità, ma solo se tu lo vuoi davvero.

Il momento più intenso che hai raccontato nel libro?

Vedere gli occhi di mio figlio, è stato un altro grande viaggio, come centomila Cappelle Sistine tutte in una volta sola. Per quanto riguarda le esperienze di vita e i viaggi, racconto di una donna incontrata nel lebbrosario di Belo Horizonte, sembrava di stare un girone dantesco. C’era questa signora Maria, non riuscivo a darle un’età, aveva perso il naso e le orecchie, ma ricordo benissimo il sguardo illuminato, pieno di gratitudine verso chi era andato a trovarla. E non lo dico per puro spirito di beneficenza umanitaria, anzi, in un certo senso solo molto egoista, prendo molto più di quello che do, a livello di sentimenti umani. A ogni viaggio torno estremamente arricchito.

E dal punto di vista professionale, quali episodi emergono principalmente?

Comincio da quando, ragazzo, mi sono messo a cercare la scuola di recitazione più importante, perché avevo bisogno di fiducia e di qualcuno che mi instradasse al mestiere.  La preparazione per entrare in accademia, a partire dalla lettura di tutte le tragedie greche, poi l’incontro con Orazio Costa Giovangigli e il provino superato con Strehler, Carlo Lizzani e l’exploit con La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana. Da lì si è aperto davvero il sipario, con la vittoria a Cannes, il Nastro d’Argento e altri premi. Fino al momento in cui non ero più io a propormi ai provini, ma erano gli altri a mettermi in mano copioni, da Roberto Andò a Cristina Comencini. 

Cosa consigli ai ragazzi di oggi che hanno più difficoltà a mordere la nebbia intorno a sé?

Sicuramente un ragazzo di 15 o 16 anni deve superare a ostacoli più grandi di quelli che potevo avere io. È una generazione che sembra possa avere tutto in mano, ma poi alla fine si ritrovano al cospetto di un deserto di responsabilità. Esorto tutti a cercare la propria dimensione, al di là di diventare uomini o donne. Esorterei a lasciar scegliere questi ragazzi, seguire quello che sentono, il più possibile. E servirebbero a scuola almeno due ore di educazione civica a settimana per spiegare una serie di cose che i ragazzi non conoscono, perché hanno bisogno di essere instradati da grandi maestri. E soprattutto dobbiamo imparare a dire loro di no, non solo sì con tutto spianato davanti. Cerchiamo di farli ragionare, di far loro percepire la strada che stanno percorrendo.

Che ricordi hai di Torino?

È una città che adoro, possiede un’eleganza che ricorda Parigi, si sente che è stata capitale. Dà una forte importanza alla cultura vera, intesa non come puro esibizionismo. E ha un senso civico molto alto. A Torino ho lavorato per alcune scene della Meglio gioventù e per la fiction su Walter Chiari. Per interpretarlo ho fatto un lungo lavoro di ricerca, cercato di carpirne l’anima per non rischiare di fare una mera imitazione e basta. Ogni giorno era una sfida, mi ha arricchito di un’autoironia che mi mancava.

Adesso a cosa stai lavorando?

Su Netlfix uscirà a breve un film su Iara Gambirario, dove ho lavorato accanto a Isabella Ragonese. Poi ho molte letture su Dante assieme a Marcello Praia e avrà una prima di Molière al Teatro del Giglio con Alessandro Quarta, uno spettacolo su Beethoven a Trieste e una docufiction Rai sullo scalatore Walter Bonatti. 

Manuela Marascio

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