Era il benzinaio storico di Villar Pellice che aveva ‘ribattezzato’ buona parte dei suoi compaesani. Adolfo Collet, classe 1926, è scomparso domenica 16 maggio ma gli annunci funebri sono apparsi in paese solo in settimana, a funerale avvenuto. “‘Ribattezzava’ i villaresi assegnando a tutti un soprannome – ricorda il sindaco di Villar Pellice, Lilia Garnier –. Ma lo faceva in modo simpatico, senza offendere nessuno”.
Allora il suo distributore di carburante era all’ingresso del paese, dove ora c’è la ‘casetta’ dell’acqua. “Divenne benzinaio nel 1957 ma cominciò a lavorare lì all’inizio degli anni sessanta e continuò fino al 1992, anno in cui gli subentrai” ricorda Luca Laiolo che ora gestisce lo stesso distributore ma che è stato spostato nel 2009 sulla strada provinciale. Lì vicino aveva la sua officina in cui riparava bici e moto e all’interno della quale, alcuni ricordano che, tramite un gioco di specchi, riusciva a controllare chi si avvicinava per il rifornimento. Paolo Picatto, villarese che ora vive a Sesto San Giovanni, appassionato di ricerca storica sulle famiglie del paese, racconta come da ragazzi amassero prenderlo di mira con i loro scherzi: “Noi ragazzini spesso uscivamo assieme in motorino e poi andavamo a fare miscela alla spicciolata, in modo da farlo andare e venire dall’officina, in cui, grazie agli specchi, riusciva a capire che qualcuno di avvicinava al distributore, ancora prima che suonassero e il campanello apposito”.
Per Collet, Picatto era il figlio di Picadilly, poiché il padre aveva vissuto per anni in Inghilterra: “Per tutti aveva dei nomignoli collegati ad alcune caratteristiche” spiega. Molti sono andati persi col passare degli anni ma alcuni a Villar Pellice si portano ancora dietro il loro soprannome. “D’altronde qui abbiamo quasi tutti gli stessi cognomi e spesso si ripetono i medesimi nomi, quindi il soprannome in passato era indispensabile per riconoscere di chi si stava parlando” sorride Laiolo.
Di primo acchito ai bambini, che giocavano nel parco giochi che allora era posizionato accanto al suo distributore, Collet poteva sembrare burbero ma crescendo dovettero ricredersi: “Senza saperlo durante i nostri giochi ci dava un’occhiata e scoprimmo dopo che le nostre mamme si fidavano di lasciarci da soli proprio perché sapevano che lì vicino c’era lui. In seguito era sempre disponibile con tutti noi per gonfiarci le ruote delle bici”. Collet e la moglie Irene non avevano figli ma per Laiolo e sua sorella sono stati come ‘nonni’. “Eravamo vicini di casa e capitava che se i miei genitori dovevano andare via, lui e Irene ci assistessero – ricorda con commozione Laiolo –. Da grande mi ha chiesto se volevo subentrargli nell’attività e mi ha aiutato: mi ha seguito prima da vicino e poi guardandomi andare avanti per conto mio”.