La storia della canapa e dei suoi utilizzi non è certo recente. La cannabis, infatti, da secoli accompagna l’uomo, gli artisti, i viaggiatori, i sognatori e non solo: grazie alle sue molteplici applicazioni – che vanno ben oltre il solo uso ricreativo, andando anche a toccare il campo medico – è possibile affermare che quella di canapa sia una pianta ricca, sebbene si stia ricominciando ad accettarlo soltanto di recente.
Questa storia ha dunque, ovviamente, delle parentesi negative, quali quelle legate al Marijuana tax act del 1937: questo provvedimento, adottato negli Stati Uniti e poi esteso a molti altri paesi del mondo, tassava pesantemente qualsiasi azione legata all’utilizzo o al commercio della pianta o dei suoi derivati; sebbene dunque non vietasse direttamente la produzione o il consumo di canapa, di fatto ne rendeva l’utilizzo insostenibile per via della tassazione.
La classificazione della marijuana come droga pericolosa, venuta meno soltanto in anni recenti, ha portato a una forte condanna della pianta di cannabis, che quindi ha iniziato a circolare illegalmente. Questo dato è importante, perché il mercato illegale, tutt’oggi, non garantisce affatto la provenienza e la qualità del prodotto.
La cannabis illegale: la qualità
Come accennato, sul mercato illegale non si ha alcuna garanzia circa la tipologia o la qualità del prodotto che si sta acquistando. Esistono, infatti, almeno due tipologie di cannabis, la sativa e la indica, e non avere certezza sul tipo di erba che si sta acquistando potrebbe portare a non prevedere gli effetti che questa potrebbe innescare sul proprio corpo o nella propria mente.
La indica, infatti, è più ricca di cannabidiolo CBD piuttosto che di THC: il tipico effetto innescato da questa composizione chimica è lo “stoned”, ossia di rilassamento e torpore. La sativa, al contrario, ha un rapporto CBD e THC inferiore, e questo la rende più eccitante e stimolante (effetto “high”). Ciò che più conta è, ad ogni modo, la percentuale di THC, la quale, perché il prodotto resti nel range di legalità, deve oscillare intorno allo 0,2 %, senza mai superare lo 0,6%.
Si tratta di differenze e di nozioni che è bene conoscere, per distinguere un prodotto legale e di qualità, da uno che potrebbe essere uno scarto chimico spacciato illegalmente al fine di garantire introiti al venditore o fornitore.
Non si tratta di una semplice questione di sensi o di effetti su corpo e mente: si tratta anche del danno alla salute che potrebbe essere provocato da queste varianti ibride, poiché spesso vengono trattate con prodotti quali lana di vetro e lacca per migliorarne l’aspetto, e piombo per aumentarne il peso (con tornaconto economico per il venditore e danno al sistema respiratorio, nervoso e immunitario del consumatore).
Sistema normativo della cannabis legale
L’apparato legislativo italiano contro la coltivazione e l’uso di marijuana sta sempre più snellendosi, malgrado alcuni vuoti normativi che andrebbero certamente colmati: la legge Fini-Giovanardi ha, nel 2006, decriminalizzato il possesso di una quantità di droga leggera per uso personale, rendendolo un illecito amministrativo (cosa che implica, se la marijuana è di tipologia illegale, un richiamo verbale e il sequestro dai 30 ai 90 giorni di un documento). Nel 2012, invece, è stata resa completamente legale la cannabis light.
Adesso è dunque possibile acquistare la versione legale della pianta e delle sue infiorescenze. Esistono rivenditori fisici e online che possono garantire la qualità del prodotto e soprattutto la sua appartenenza alla versione light, cioè a bassa percentuale di THC. Scegliere di approvvigionarsi presso uno di questi rivenditori online, opportunamente certificati, permette dunque di combattere la diffusione della cannabis illegale, spesso dannosa per la sua composizione chimica e per l’assenza di controllo qualitativo che caratterizza il suo mercato.