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Valle di Susa | 26 giugno 2021, 10:38

Sulle orme del maestro del Lajetto

Artisti e immagini in viaggio sulle mulattiere del Piemonte

Sulle orme del maestro del Lajetto

 

Si era fermato un momento, soltanto un momento, a contemplare la figura di Sant'Antonio appena terminata: il vecchio dall’espressione grave sembrava squadrarlo dall'alto in basso, con gli occhi vivi e inquisitori, dall’alto delle sue vittorie sull’antico Nemico. Il Tau non era più bastone, ma quasi uno scettro.

Un momento solo, e in un turbine di vento era di nuovo là, sulla montagna di Condove. Antonio de Lectis, il ricco costruttore che abitava al Lajetto con la sua famiglia, aveva pagato più di dieci fiorini per far affrescare la minuscola cappella intitolata a San Bernardo d'Aosta, protettore delle genti di montagna.

Aveva voluto il proprio Santo eponimo, Sant'Antonio, e quello di suo padre, San Michele, sulle due pareti contrapposte. E poi per sua moglie e per sua figlia, Caterina con la ruota dentata, e Margherita che esce dal drago.

Margherita, la giovane Margherita dai lunghi capelli e dagli occhi dolci, dalle guance appena arrossate, che emerge dal corpo del mostro come da una fantasmagorica gonna di seta vermiglia e perle.

L'immagine che gli aveva tenuto compagnia in quell'autunno freddo, il calore di quello sguardo timido che il 6 di novembre del 1430 gli aveva consegnato le monete lucenti, e lo aveva salutato col suo nome.

Per questo non aveva più avuto un nome, dopo che se lo era dimenticato lungo la mulattiera che scendeva verso il fondovalle, verso Torino, verso un mondo senza Margherita.

Nei cartoni arrotolati che portava con sé sul basto della mula, San Bernardo da Mentone era raffigurato con un diavoletto al guinzaglio, nero e ringhioso come un piccolo cane cattivo ma inoffensivo, e Sant'Antonio era un vecchio con la barba bianca e la tonaca nera, con la campanella da suonare perché la gente si scostasse e non lo distogliesse dalla sua meditazione. Ma il Sant'Antonio del Lajetto aveva un'espressione dolce, come un nonno che ammonisce ma nella mano ha già nascosta una mela, o una noce per consolare il nipotino monello, e nessun cartone , nessun modello riusciva più a restituire alle figure la stessa serenità, la stessa trasognata dolcezza di quei giorni.

Il Maira scorre impetuoso, parecchi metri più in basso , e l’aria tagliente mi riporta alla realtà, mentre gli occhi si riabituano alla luce del sole. Le immagini dipinte nell'abside di San Salvatore danzano ancora nella mia mente, e vorrei dirlo a quel pittore errante senza più nome, che ora è conosciuto, e si parla ancora di lui: il Maestro del Lajetto, "lou magister dou Lièt", perché la sua arte, insieme al suo nome, è ancora là.

https://www.facebook.com/lavajanta/

 

Grazia Dosio

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