Sono un po' meno rispetto al passato (-1% sul 2021), ma sono più ottimiste e combattivo, forti di una crescente componente femminile al loro interno. L'istantanea scattata dalla Camera di commercio di Torino sul mondo delle cooperative cittadine restituisce un'immagine in chiaroscuro, al giro di boa di metà 2022.
Gallina: "Settore fondamentale"
Al primo semestre infatti si vedono meno giovani e meno stranieri impegnati in questo comparto, ma crescono sia le aziende che vedono il fatturato salire (33,2%) e pure l'occupazione (17,4%). Nella rilevazione precedente i dati 2020 erano del 9,5 e del 4,6% e sono migliori anche di quelli 2021. Aumentano anche gli ottimisti: dal 59,8 ora sono saliti al 64,3%. "È un settore molto importante, che con 1207 attività rappresenta oltre 2,3 miliardi di fatturato e oltre 41mila addetti - dice Dario Gallina, presidente camerale - anche se l'entusiasmo di inizio anno è ora stemperato dall'aumento dei costi, delle bollette e dell'energia. Ma se si diraderanno queste nubi si potrebbe fare un buon percorso".
"All'interno delle cooperative è importante il ruolo delle persone e per questo è importante che crescano le aziende femminili. Hanno un ruolo sociale e sarebbe bello ci fossero più giovani", conclude Gallina.
Bene fatturato e occupazione, ma meno giovani
Servizi alle imprese e alle persone sono i due settori più gettonati, ma un quarto del valore della produzione arriva dal commercio. Ma dal 2012 a oggi si sono perse quasi 450 coop. A parte le 700 aziende di Torino, Ivrea è il Comune con più cooperative che operano sul territorio, seguita da Pinerolo, Moncalieri, Grugliasco e Collegno.
Tornano ad aumentare le coop in roda (da 337 a 340, anche se nel 2017 erano 363), mentre prosegue il calo dei giovani (da 41 a 33 in un anno. La discesa è costante dalle 81 unità del 2017), mentre gli stranieri sono stabili (da 67 a 66, ma erano 101 quindici anni fa).
Effetto pandemia e bollette
Lo strascico dell'emergenza Covid vede sempre meno effetti: le aziende che accusano ancora conseguenze sono quelle di turismo, cultura e sport. Ma complessivamente la fetta si è ridotta dal 38,7 al 34,5 fino all'attuale 27,2%.
I costi energetici sono l'elemento che spaventa di più (54,1%), seguiti dai costi delle materie prime (38,2%) e dal freno generale all'economia per pandemia e guerra (32,5%). Chi vuole resistere reagisce diversificando, portando nuovi prodotti e digitalizzando. Solo il 7,4% pensa di chiudere sedi, mentre il 14,5% pensa a ridurre il personale.
Chi fa formazione e chi no (e si lamenta)
Inoltre, oltre 6 coop su 10 punta ad avviare percorso di sviluppo per aumentare le competenze dei propri collaboratori. Ma nel 39% di coloro che non avviano percorsi di formazione, il 27% lamenta difficoltà.
"Bisogna investire sulle persone e nel momento di crisi la cooperazione rispolvera i propri valori - dice Dimitri Buzio, presidente di Legacoop Piemonte - ed è positivo che ci siano sempre più donne, ma non è ancora sufficiente. Non possiamo però eludere il problema dei giovani. Per questo collaboriamo alla formazione di nuovi manager cooperativi. Speriamo che la riduzione numerica riguardi un consolidamento delle forze e non una dispersione di energie".
"Vogliamo promuovere l'imprenditoria giovanile- aggiunge Gianni Gallo, presidente di Confcooperative Piemonte Nord - ma bisognerebbe anche capire quanto la fascia d'età incida sulla popolazione generale, senza dimenticare che le coop hanno una grande longevità di questa tipologia di azienda rispetto alla media. Sono i giovani che crescono". E sui problemi legati a costi ed energia, "più del modello sono i valori cooperativi a costituire una soluzione, ripensando consumi e rapporti sul territorio. Un pezzo del superamento del problema passa da qui".
"La crisi energetica aumenta le utenze, le materie prime e l'inflazione - conclude Giuseppe D'Anna, presidente di Agci - e spero che le coop si debbano muovere solo nel 2022 in questo contesto. Sulla cooperazione poi pesano burocrazie e lungaggini che non aiutano a sviluppare il modello". Sui giovani, "È importante creare veri corsi in ambito universitario per invogliare i giovani, senza dimenticare il ruolo per rivitalizzare territori altrimenti a rischio abbandono".