A cavallo tra '600 e '900 le ricchezze del Giappone erano in mano ai commercianti che poterono investirle in qualcosa di effimero, non destinato a durare, ma che esaltasse la bellezza e il piacere.
L'arte divenne il terminale di questa passione lunga 200 anni. Alla Promotrice di Belle Arti, Skira firma una mostra che racconta questo effervescente periodo culturale.
Oltre 300 manufatti, dalle xilografie ai kimono, fino al ricco corpus di stampe erotiche, saranno visitabili dal 23 febbraio al 25 giugno. Dai grandi maestri come Utamaro, Hokusai e ovviamente Hiroshige, a quelli meno noti come Sharaku, l’artista misterioso di cui si conosce pochissimo ancora oggi.
"In questo momento nessun museo ha una sintesi dell’arte giapponese come quella che troverete qui", spiega il curatore Paolo Campione.
Fil rouge è la stampa xilografica. "Un’arte che vuole suscitare l’interiorità dellanimo umano attaverso il quotidiano. Quella meccanica che fa passare dal concreto all'interore".
Protagonista assoluta della mostra è “La grande onda” di Hokusai, una sintesi dell’arte Giapponese.
"È il lato oscuro che c’è dentro di noi. La chiama anche ura che vuol dire quello che è nascosto, che non si vede. L’arte giapponese suggerisce di godersi la vita come un percorso venato dal piacere e dalla leggerezza perché nessuno è così grande da sfidare l’onda. Lasciamoci dunque andare al piacere della bellezza".
In mostra
Oltre a preziosi oggetti come kimono, ventagli, armature samurai, sono in mostra per l’appunto i maggiori maestri dell’ukiyo-e, ovvero dell’arte della stampa su carta.
Il percorso si apre con una prima chicca: i quindici volumi Manga di Hokusai, una vera e propria enciclopedia del disegno che veniva utilizzata per trasmettere il sapere alle future generazione di artisti.
Si prosegue con l’amore per il paesaggio da parte dei maestri giapponesi. Un amore in fondo un po’ forzato in quanto dal 1840 fu loro proibito loro di disegnare altro al di fuori della natura e dei suoi soggetti. In questo il maestro Hiroshige fu sicuramente l’interprete principale. Nelle sue opere emerge la sua abilità nella tecnica della bifocalità. Ne è un esempio perfetto Il gattino alla finestra: vediamo l’animale, ma grazie al suo stesso sguardo sul panorama, possiamo ammirare il paesaggio fuori.
Un’attenzione a parte merita il mondo di stampe dedicate al teatro Kabuki. Gli spettacoli all’epoca duravano anche 17 ore e gli attori erano delle vere e proprie celebrità, tutti uomini s’intende. Di particolare pregio è un abito indossato in scena realizzato con fili d’oro e uno stendardo in tessuto dipinto a mano del XIX secolo usato per annunciare gli spettacoli.
La mostra prosegue con uno spazio dedicato al misterioso pittore Sharaku. Realizzò opere e dipinti solo tra il 1794 e il 1795, utilizzando un linguaggio che era troppo innovativo per il tempo. Rappresentava il volto umano stilizzato e riuscì a trasformare i volti in maschere della commedia umana. A noi sono giunte solo 150 opere e sulla sua identità si sono sprecate nel tempo svariate supposizioni. Una delle ipotesi più attendibile è che fosse proprio un attore del teatro no.
Chi non se la passava bene all’epoca era invece le donne che vivano una condizione di inferiorità per tutta la vita. Le uniche “libere” erano coloro che esercitavano le professioni di geishe o di cortigiane. Proprio queste abitanti quartiere della notte, erano tra i soggetti preferiti di artisti come Utamaro. Figlio di una cortigiana, realizzava ritratti in cui le donne riuscivano a comunicare sentimenti e valori. In mostra tra le cortigiane e le geishe, anche un suo raro autoritratto. Utamaro insieme a Picasso è ricordato per essere uno dei pochi artisti al mondo a riuscire a definire un quadro senza staccare mai il pennello dalla tela.
Una mostra nella mostra è quella dedicata alla raccolta di stampe erotiche. Un vero e proprio inno all’erotismo, attraverso cui l’artista era libero di poter raccontare la propria arte senza inibizioni. La raccolta più preziosa è quella Shuncho composta da 12 xilografie, Immagini d’amore per dodici mesi.
Si chiude con il vero protagonista della mostra. Il capolavoro di Hokusai: La Grande Onda. Presentato da un’opera immersva di video, musica e specchi, emoziona gli spettatori e lascia sempre con quella sensazione mista a meraviglia e paura.
Per info: https://hokusaitorino.it/?gclid=EAIaIQobChMIw7SxxZSp_QIVCcPVCh3UZQMiEAAYASAAEgL-MfD_BwE