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Cultura e spettacoli | 19 marzo 2023, 17:47

Gianluca Gotto, “nomade digitale” da 13 anni in giro per il mondo: da Torino, al Canada, fino alla Thailandia

Con il suo ultimo libro "Profondo come il mare, leggero come il cielo” è in testa alla classifica dei libri più letti in Italia: "Noi piemontesi? Facciamo molta più comunità all'estero che non a casa"

Gianluca Gotto

Gianluca Gotto


Con il suo ultimo libro “Profondo come il mare, leggero come il cielo” lo scrittore torinese Gianluca Gotto è arrivato in testa alla classifica dei libri più venduti in Italia.


“Non è una sensazione che riesco ancora a metabolizzare - spiega lo stesso Gotto - queste cose accadono di solito quando esce il primo libro, questo è il mio quarto. Sono molto felice, ma cerco di mantenere un certo distacco, perché mi aiuta sia sul piano professionale sia personale”.

Cosa vuole dire oggi essere un nomade digitale?

“Sono nato e cresciuto a Torino, ma a vent’anni ho lasciato la città per un’esperienza all’estero di qualche mese che si è poi trasformata in una vita molto dinamica e che mi ha portato a vivere ovunque nel mondo. Ho fatto l’operaio, il commesso, il cameriere, il panificatore, poi sono tornato a Torino a causa di un evento drammatico e da lì ho iniziato a scrivere, a dedicarmi alla mia vera passione. Ho iniziato a scrivere da remoto e dal 2015 ne ho fatto il mio lavoro a tempo pieno. Da allora ho lavorato viaggiando, soprattutto in Asia, non mi fermo nello stesso posto per più di quattro mesi”.

Con la compagna, Claudia, hai vissuto anche la pandemia all’estero.


“Ero in Thailandia quando è scoppiata, a Bangkok, una grande città e con stanze piccole. Ci siamo quindi trasferiti su un’isola, Ko Chang, dove c’è più tranquillità. Ci siamo rimasti sei mesi. La nostra vita è tuttora organizzata così: per sei mesi restiamo in Asia, tra la Thailandia e Bali, gli altri sei mesi siamo in viaggio verso destinazioni dove non siamo mai stati, abbiamo una vita molto dinamica”.

Nel tuo ultimo libro “Profondo come il mare, leggero come il cielo”, parli di come ritrovare la serenità, attraverso alcuni insegnamenti zen che tu stesso segui. Cosa vuol dire dunque essere sereni e come possiamo riuscirci?

“Il libro inizia con un evento negativo. Nel 2019, a Bali sono stato colpito dalla febbre tropicale. Sono stato poi ricoverato a Bangkok. Avevo febbre, allucinazioni, è stata davvero dura. Quando sono uscito, dentro la mia testa qualcosa si è rotto. Sono caduto in depressione per diversi mesi, ne sono uscito grazie al Buddhismo. Ho capito che fino a quel momento cercavo di rincorrere solo la felicità. Il punto però è che intorno puoi costruire tutto quello che vuoi, ma se dentro non hai una sorta di calma, è tutto inutile. Il Buddhismo, forma dentro di noi qualcosa che non è attaccabile dai problemi della vita. Il modo in cui ci sentiamo dipende solo da quello che c’è dentro di noi. Ci insegna questi otto passi per cambiare il nostro approccio alla vita per trovare dentro di noi un piccolo giardino zen quando la vita si fa particolarmente dura”.

Nel tuo primo libro parli di come hai trovato la tua strada attraverso quelli che potremmo definire svariati fallimenti, che differenza c’è tra il Gianluca del primo libro a quello di adesso?

“Ci sono tantissime differenze, ma forse quella più grande è che il Gianluca di quando avevo vent’anni era convinto che tutto si sarebbe sistemato nel momento in cui avesse ottenuto ciò che desiderava. La felicità è reale, dobbiamo inseguirla, ma al tempo stesso dobbiamo tenere ordinato e luminoso il nostro mondo interiore, senza preoccuparci di tutto ciò che avviene intorno a noi e che non possiamo controllare. In questo modo la vita diventa più leggera”.

Tu sei molto amico di Alessia Piperno, siete riusciti a parlarvi dopo la sua scarcerazione in Iran?

“La cosa più devastante per me era quanto tempo sarebbe durata, perché sapevo che lei l’avrebbe affrontato. Dopo un primo momento di sconforto, ho cercato di mandarle pensieri di compassione, amore, gentilezza e di concentrare la mia mente su pensieri positivi. Quando poi l’ho sentita, mi ha raccontato che tutto ciò le è arrivato. Ora ci sentiamo tutti i giorni. Da questo avvenimento negativo, è nata un’amicizia più profonda, la dimostrazione che le cose più negative possono diventare quelle più positive”.

Stando via molto tempo da Torino, hai visto la città cambiare?

“La cosa al tempo stesso positiva e negativa, è che tutto è rimasto uguale e identico a 13 anni fa. Quando viaggi e vedi le cose come cambiano ad esempio in Asia, il cambiamento qui ti sembra molto più lento, non è stravolgente come in altri posti. Torino resta la città che abbiamo lasciato nel 2010. Un aspetto che per noi è rassicurante, i luoghi sono rimasti quelli che erano. D'altra parte, a vent’anni avrei faticato a trovare le possibilità che poi ho trovato altrove”.

C’è qualcosa di Torino che vi portate dietro in giro per il mondo?

“Quella parte lì c’è sempre. Incontriamo tanti torinesi in giro per il mondo, ed è bello incontrarsi, condividere dei ricordi legati al modo di crescere qua. Mi viene da dire che si fa molta più comunità all’estero”.

Farai una presentazione del nuovo libro a Torino?

“Faremo una o due presentazioni. A breve le annunceremo, ma prima terminiamo il tour in giro per l’Italia”.

Chiara Gallo

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