Clima di incertezza per la fine del 2023. Non un modo di dire, vista l'improvvisa fiammata delle tensioni in Medio Oriente. Ecco perché i dati delle imprese torinesi potrebbero essere addirittura superati dai fatti recenti di questo fine settimana. Dati che però già segnavano un certo rallentamento per il clima di fiducia.
Torino meglio del Piemonte
Sotto lo zero l'export (oltre 5% in negativo), mentre la produzione migliora dello 0,6% rispetto a marzo. Ma soprattutto si colloca 11 punti sopra la media piemontese. Anche le attese degli ordinativi vedono gli ottimisti svettare di oltre 10 punti rispetto ai pessimisti. Ma l'utilizzo degli impianti (83%) cresce ancora.
Poca cassa integrazione e le aziende investono ancora
Restano confortanti sia il ricorso alla cassa integrazione che gli investimenti, che toccano i piani di almeno un'azienda su quattro, mentre le maggiori preoccupazioni riguardano i costi dell'energia e della logistica. Laddove la crisi Ucraina sembrava mollare la presa, oggi può essere Israele a dettare nuovi motivi di ansia.
"C'è un rallentamento e l'export colpisce ovviamente le nostre aziende, che vivono molto si esportazioni - dice Giorgio Marsiaj, presidente dell'Unione Industriali di Torino - e ci sono margini di miglioramento e crescita. Ma come imprenditori dobbiamo continuare a crederci e a investire". Ma il ragionamento, a Torino come in Piemonte, "il discorso va fatto in termini di filiera. Anche come Paese. Ed è fondamentale puntare sul primo anello della catena, quello che si interfaccia con il mercato".
"Torino fa meglio del Piemonte per la maggiore concentrazione del mondo mezzi di trasporto, che in questi ultimi mesi è andato particolarmente bene. Le altre territoriali hanno altre vocazioni, che forse anno avuto tempi e andamenti diversi". E anche il turismo dà un buon contributo.
Attenzione alla Germania
"La Germania che va male è una preoccupazione - aggiunge - meglio avercelo come alleati che come avversari cui sottrarre quote di mercato. Bisogna ragionare in termini di territorio europeo. Ma Torino deve continuare a essere al centro dell'eccellenza internazionale dell'automotive". "Con Stellantis sarebbe bello puntare alle 200mila vetture, ma è altrettanto importante mantenere qui l'ingegneria. Altrimenti Torino diverrebbe soltanto uno stabilimento, mentre le decisioni verrebbero prese altrove".
Attenzione verso l'Africa
I segnali recenti, anche se non torinesi (Melfi), non scaldano il cuore. "Servono produzioni di contenuto, ma non sottovalutiamo di produrre in Africa, magari creando scolarizzazione e orientando un po' le migrazioni. Il Marocco è molto attrattivo, ma anche l'Algeria sta emergendo".
Israele e Arabia verso l'India
"Lo scenario di guerra in medioriente - conclude Marsiaj - regala incertezza all'idea che siano l'India e la Strada del cotone a sostituire la Cina e la Strada della seta come partner europeo. Questo comporterebbe di passare dall'Arabia Saudita, a patto che procedano i discorsi di pace con Israele". E sull'Ucraina, "non è che può andare avanti in eterno. Ma di certo rimane incertezza".
Tassi folli
"Il costo del denaro è una follia, almeno per le aziende che hanno accesso al credito. Anche in questo è importante un ragionamento di filiera", sentenzia il presidente degli industriali torinesi. "Se restano a questo livello almeno fino alla seconda metà del 2024, non potrà che pesare non solo sugli acquisti delle persone, immobiliare in primis, ma anche sugli investimenti".
Il dopo Marsiaj? "Sarà semplice: non è tempo di giochi di poltrone"
Sulla successione, "a metà del prossimo anno lascerò e non sono rieleggibile. Ma è positivo che ci sia un cambio: in tanti hanno le caratteristiche per ricoprire questo ruolo e sarà un processo molto semplice e lineare. Non ci saranno problemi, i candidati ci sono anche se non ufficiali. Lasceremo in mani forti di qualcuno che abbia visione del mondo e del Paese. Bisogna guardare avanti e smettere di fare i giochi della poltrona".