Tra i tanti personaggi storici che calcarono il suolo della città di Torino nel corso della sua storia, sicuramente una figura di spicco è rappresentata dal celebre politico, giornalista, filosofo, linguista e letterario sardo Antonio Gramsci.
Egli fondò il primo maggio del 1919 insieme a Palmiro Togliatti, Angelo Tasca ed Umberto Terracini, la celebre rivista settimanale di cultura socialista "L'ordine nuovo".
Ma andiamo con ordine.
Gramsci giunse a Torino dalla Sardegna, in quanto detentore di una delle trentanove - di cui due sole a due cagliaritani - borse di studio assegnate a studenti particolarmente meritevoli che non possedevano fondi sufficienti per mantenersi all'università.
Di questo suo arrivo in città, egli scrisse: "Partii per Torino come se fossi in stato di sonnambulismo" e, a proposito del modestissimo gruzzoletto posseduto, egli disse che arrivò nel capoluogo sabaudo con sole cinquantacinque lire in tasca perché aveva "speso quarantacinque lire per il viaggio in terza classe delle cento avute da casa".
Della sua permanenza a Torino, egli raccontò che i pasti costavano "non meno di due lire alla più modesta trattoria", mentre riguardo alle temperature rigide, scrisse: "la preoccupazione per il freddo non mi permette di studiare, perché o passeggio nella stanza per scaldarmi i piedi, oppure devo stare imbaccuccato perché non riesco a sostenere la prima gelata".
Furono numerosissimi i luoghi di Torino presso cui Gramsci lasciò la sua impronta. Ad esempio, al civico 15 di piazza Carlina ossia piazza Carlo Emanuele II, esiste Casa Gramsci, un immobile nello spazio di due vetrine tra via Maria Vittoria e via San Massimo, presso il quale egli soggiornò tra il 1913 ed il 1922.
Un altro luogo simbolico è quello collocato al civico 7 di via dell'Arcivescovado, quasi all'angolo con via XX settembre. Su una delle facciate dell'edificio che ospitò la redazione de "L'ordine nuovo", vi è una lapide firmata "Torino memore", su cui si legge: "la forte volontà/ e la mente luminosa/ di Antonio Gramsci/ stretti attorno a lui/ gli operai torinesi/ contro la barbarie/ fascista prorompente/ "L'ordine nuovo"/ stendardo di libertà/ quì nella bufera/ levarono e tennero fermo". Quelle stanze videro numerosi dibattiti culturali e la passione e voglia di futuro, fervida in quegli anni. Pare anche che, in quello stesso luogo, Gramsci collaborò alla stesura de "La città futura", numero unico del febbraio 1917 a cura della Federazione giovanile piemontese del Partito Socialista, un grido contro l'indifferenza: "Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti... L'indifferenza è il peso morto della storia. L'indifferenza opera potentemente sulla storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l'intelligenza... Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch'io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti".
Un "grido" quanto mai attuale, quello di Gramsci, ed un contributo alla storia piemontese ed italiana tutta degno di nota, per l'impegno profuso in difesa degli ideali in cui credeva fermamente.