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Attualità | 04 maggio 2025, 07:15

Mauro Berruto e la magia del 4 maggio: "Grande Torino miracolo laico che supera le barriere del tempo"

L'ex ct della nazionale di pallavolo (oggi parlamentare) spiega il valore simbolico di questa data: "Si ricorda non solo una squadra di calcio, ma un pezzo di storia del nostro Paese". E dice sì alla marcia dell'orgoglio granata

Mauro Berruto: "Il Grande Torino è un miracolo laico che supera le barriere del tempo"

Mauro Berruto: "Il Grande Torino è un miracolo laico che supera le barriere del tempo"

Allenatore di successo, arrivato anche alla guida della nazionale di pallavolo, poi direttore tecnico della squadra di tiro con l'arco, amministratore delegato della Scuola Holden, oggi parlamentare del Pd. Mauro Berruto, 56 anni tra pochi giorni, ha fatto un pò di tutto nella sua vita, ma una cosa non ha mai cambiato: la squadra del cuore. E oggi, 4 maggio, sventola la sua bandiera granata con ancora maggiore orgoglio.

Mauro Berruto, che significato ha per lei questa data?

"Il 4 maggio per me si inserisce in un periodo molto particolare per me, che va dal 25 aprile al primo maggio, fino all8, che è il mio compleanno. Unendo tante delle mie passioni fino al giorno in cui compio gli anni. Per me sono una dozzina di giorni dal sapore quasi magico".

Come si spiega che, 76 anni dopo, il mito del Grande Torino resti ancora intatto?

"Arrivando a pochi giorni dalla morte del Santo Padre, mi viene da dire che gli Invincibili sono un miracolo laico capace di sopravvivere al tempo, persino di far diventare granata i bambini di oggi, che non li hanno mai visti giocare, ma ne hanno sentito solo parlare attraverso il ricordo dei nonni. Per questo dico che è un rituale sacro, capace di andare oltre il risultato agonistico. Si sceglie di essere del Toro non certo per le vittorie... E poi quella non è stata solo una squadra di calcio, ma ha rappresentato un pezzo di storia del nostro Paese".

Lo ricorda ancora il suo primo 4 maggio?

"L'anno preciso no, ma i ricordi di quella squadra me li ha tramandati mio padre e una nonna che ha abitato a lungo in zona Filadelfia e che pare, secondo quanto mi era stato raccontato da bambino, ricamasse a mano i labari del Grande Torino. Difficile rimanere insensibili...".

Berruto ha orgogliosamente portato la sua sciarpa granata anche al villaggio olimpico e a Casa Italia durante l'Olimpiade del 2012.

"Tutti sapevano che io ero del Toro e quando ne ho avuto l'opportunità ne ho fatto anche bella mostra in pubblico, dopo la World League a Firenze piuttosto che dopo la medaglia di bronzo a Londra".

Da allenatore ad allenatore, cosa penso di Paolo Vanoli?

"Mi piace moltissimo, perché oltre ad essere un allenatore bravo tecnicamente, come ha dimostrato a inizio campionato con la squadra al completo e nel girone di ritorno, dopo gli innesti fatti sul mercato e il cambio di modulo, ha aggiunto anche la capacità di aver compreso cosa significa essere allenatore del Toro. Per la partecipazione, la passione e la voglia che ci mette in ogni occasione. Poi lui è cresciuto alla scuola di un grandissimo come Conte, così come io ero stato allievo di Montali nella pallavolo, per quello mi sento molto vicino a lui. Meriterebbe di allenare un Toro più forte o quantomeno di incidere maggiormente nelle scelte future, per costruire una squadra capace di lottare per l'Europa".

E qui si tocca un tasto dolente. Da tanto troppo tempo il Toro vive nella mediocrità.

"In questi anni è toccato un pò a tutti sognare, in passato anche all'Udinese, nelle ultime due stagioni al Bologna. L'Atalanta ormai si è stabilizzata tra le grandi. A noi non succede mai di vivere un momento di gloria. E' vero, da tempo ormai ci siamo stabilizzati e non rischiamo più la serie B, ma il bello dello sport è anche poter sognare almeno una volta, al nostro Toro non capita".

Smattina è stata organizzata la marcia dei tifosi, una sorta di riedizione di quella dell'orgoglio granata del 2003. Cosa ne pensa Berruto?

"Non deve essere una marcia di protesta ma di proposta. Oggi si ricorda un mito come quello del Grande Torino, non si deve andare a Superga a contestare, ma una marcia di rivendicazione, dell'appartenenza granata ben venga, se serve ad andare oltre il singolo, che sia il presidente, l'allenatore, i giocatori o l'ultima persona dello staff. Perché il Toro è diverso dalle altre squadre e merita di più, questa marcia deve rivendicare la nostra identità".

Massimo De Marzi

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