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Cultura e spettacoli | 09 giugno 2025, 07:09

Monitor 2025, Gianluca Gozzi racconta il nuovo festival musicale: "Non un erede di Todays, ma in continuità" [INTERVISTA]

L'evento allo sPAZIO211 il 10 e l'11 luglio. il direttore artistico: "Vogliamo creare una comunità appassionata di musica che non si trova sulle principali piattaforme. Obiettivo è di continuare e magari portarlo in altri luoghi della città e non solo"

Monitor 2025, Gianluca Gozzi racconta il nuovo festival musicale: "Non un erede di Todays, ma in continuità" [INTERVISTA]

Monitor è la novità musicale dell’estate torinese. Un festival di due giorni che apre una finestra sulla musica emergente torinese, italiana e internazionale. A guidare il festival che si svolgerà il 10 e l’11 luglio sarà Gianluca Gozzi. 

Perché Monitor? Come è nata l’idea? 
“Il festival nasce da quello che facciamo da sempre a sPAZIO211 con l’obiettivo di sentirsi liberi dalle aspettative e creare un momento che possa tornare all’essenza delle cose. Il risultato è un cartellone di artisti da ascoltare e scoprire. Sono musiche che difficilmente ascoltiamo nella quotidianità. Ci piaceva l’idea di creare un viaggio virtuale sul mondo, le tre sillabe Mon It e Tor, stanno per quello: mondo, Italia e Torino. Partendo dalla periferie si espande per portare Torino al centro del mondo e il mondo al centro di Torino, con artisti che raccontano il superamento dei confini”.

Negli scorsi mesi si è parlato del festival come a un’alternativa al Todays che lei ha diretto per nove edizioni. L’obiettivo era questo? 
“No assolutamente, il Todays è un festival della Città di Torino. Ha avuto una sua genesi e purtroppo una fine. Nel 2024 ho partecipato incordata al bando con una proposta, ma non venne approvata. Già la scorsa edizione aveva un’identità diversa. Nel 2025 non ci sono state le condizioni. Monitor nasce invece da quello che noi facevamo da prima. Non è un erede, ma è in continuità. L’attitudine è sempre la stessa: non seguire facili trend, ma avere musica per la formazione. Chi viene forma se stesso. È questa un po’ la missione di un festival culturale. Monitor è una perla in un’estate forse orfana di questo tipo di proposta musicale e che speriamo cui la comunità che ci segue speriamo risponda positivamente”. 

Sui festival si è aperto un dibattito, gli ambientalisti in particolare temono ripercussioni sull’ecosistema, lei cosa ne pensa? 
“Credo che un festival che ambisce a essere non solo un momento di intrattenimento, ma anche culturale, debba tenere conto di alcuni punti fondamentali tra cui la capacità di ascolto del territorio. Certe scelte non possono essere imposte sulla comunità che lo abitano, bisogna avere la capacità di conoscerlo e valorizzarlo. Ci sono festival che avvengono in oasi naturali nel rispetto totale del luogo. Ci sono eventi invasivi, in quel caso forse bisognerebbe attivare una capacità di ascolto che sia costruttiva, non distruttiva. Dobbiamo fare attenzione perché viviamo in un mondo in cui ogni giorno c’è un festival in meno, per varie ragioni, un piccolo club che chiude e siamo sotto una condizione costante di massimo sforzo per un minimo risultato. Il sold out è diventata la condizione sine qua non per arrivare a zero, neanche per guadagnarci. C’è più offerta di domanda, è inutile inventare cose diverse, occorre valorizzare ciò che dal basso emerge, in maniera meritocratica”. 

Chi troveremo quest’anno in line up? Come li avete scelti? 
"Quello che cerchiamo di fare con Monitor è di portare artisti per la prima volta a Torino e in Italia. Molti musicisti sono al loro esordio locale. Penso a Arooj Aftab, artista pachistano naturalizzato negli Usa che vive e suona in Europa, gli Yin Yin, gruppo norvegese, ma con suoni del sud est asiatico. E poi ci sono i locali come gli Shame, che suonano nei più grandi contesti europei, o i Cherry Pies, band che suona per tutta Europa, portando la musica che nasce in uno studio in Barriera di Milano. Artisti che esportano la musica dal locale al globale, come Maria Chiara Argirò, romana che vive a Londra”. 

Che pubblico vorrebbe a monitor? I giovani torinesi vanno ai concerti? 
“Viviamo il momento ma la mission è abbattere le differenze generazionali tra il pubblico. Vorrei un pubblico trasversale, protagonista e che sia comunità. Monitor è un diffusore di onde sonore, ma anche di energie che arrivano in pancia alle persone che a loro volta rispondono”. 

Si tratta di una prima edizione, l’intenzione è di rinnovare? 
“Il progetto è che sia una perla che con l’aiuto di tutti possa crescere per una e più edizione. Ci sono gli strumenti per costruire qualcosa di nuovo”. 

Anche al di fuori dello sPAZIO211? 
“Quella è la culla, ma l’idea è di amplificare e quindi crescere insieme. Mi piacerebbe coinvolgere più spazi, magari più città, ma deve avvenire in maniera spontanea”.

C’è qualcuno che non è riuscito a portare, ma che vorrebbe sul palco di Monitor in futuro? 
“Sono moltissimi che vorrei avere, ma per ora mi interessa più l’idea di portare artisti mai visti, sconosciuti alle orecchie dei più. Oggi sono molto soddisfatto del cartellone e della sua interezza. Non ho rimpianti”. 

Chiara Gallo

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