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Economia e lavoro | 12 agosto 2025, 06:59

L'allarme arriva dalla montagna: con il grande caldo, manca l’erba e va in crisi l’economia d’alpeggio del Torinese

A causa delle temperature di fine giugno e inizio luglio le colture sono maturate con grande anticipo e ora manca l'alimentazione naturale per le mucche. Mecca Cici (Coldiretti): "Riaprire la rete di irrigazione alpina, oggi abbandonata"

Emergenza erba per i pascoli in altura della provincia di Torino

Emergenza erba per i pascoli in altura della provincia di Torino

Scarseggia l’erba in montagna e per le mucche la situazione inizia a farsi critica. Il gran caldo di fine giugno e inizio luglio insieme alle giornate di vento fanno sentire ora i loro effetti sui pascoli delle valli torinesi. Le erbe montane sono fiorite e poi maturate con largo anticipo mentre i margari salivano negli alpeggi. E mentre pascolavano le mandrie alle quote di inizio stagione, in alto l’erba già ingialliva. Il risultato è che ad appena metà stagione manca già l’alimentazione naturale per gli animali e sicuramente mancherà il pascolo di settembre per mancanza di rigenerazione.

"Il caldo anomalo di inizio estate – commenta il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici ha sottratto riserve alimentari agli alpeggi che ora si trovano in difficoltà. Un problema che ripropone l’importanza di riaprire la fitta rete irrigua alpina, oggi completamente abbandonata, fatta di piccole canalizzazioni con le prese nei torrenti che un tempo irrigavano in modo capillare i pascoli".

Una grande economia minacciata
Ma questo ennesimo problema per l’allevamento alpino ricorda quanto siano urgenti politiche per l’agricoltura montana. L’economia d’alpeggio rappresenta una quota importante dell’economia agricola del Torinese. Nelle valli pascolano oltre 35mila bovini, distribuiti in 420 alpeggi provenienti da 789 allevamenti di pianura. A questi si aggiungono gli oltre 44mila ovini e distribuiti in 200 alpeggi. Nelle vallate piemontesi i bovini sono oltre 96mila mentre gli ovicaprini superano quota 105mila.
Gli addetti alla pastorizia d’alpeggio sono circa 3.000 in provincia di Torino. La produzione di formaggi e burro pregiati vale circa 7 milioni.

Cento giorni in quota
Le mucche che trascorrono i classici 100 giorni estivi in alpeggio sono oltre 36.300. Circa la metà sono bovini da carne dove prevale la pregiata razza piemontese. Invece, le bovine da latte in alpeggio, in una stagione, producono oltre 11 milioni di litri di latte che, nei circa 200 caseifici d’alpeggio autorizzati, vengono trasformati in oltre 80mila forme di formaggio stagionato, dove primeggia la profumata Toma (la più celebrata è quella di Lanzo) seguita dal Plaisentif, il formaggio delle violette, dal Cevrin, dal Blu erborinato (per citare i più ricercati). A questi vanno aggiunti gli oltre 200mila panetti da mezzo chilo di burro ricco di vitamina A, vitamina E, flavonoidi.

"L’economia d’alpeggio vede una presenza importante di giovani che seguono le orme dei genitori nella passione dell’allevamento e del pascolo. Giovani che sono pronti ad abbracciare questo lavoro con una visione innovativa fatta di servizi per il turismo, per la coesione sociale del territorio, di manutenzione ambientale. Ma ricordiamo che la pastorizia montana ha bisogno di sostegni per non rischiare l’abbandono degli alpeggi. Non possiamo immaginare le conseguenze di un’eliminazione dei premi europei PAC che rischiano di essere cancellati dalla Commissione europea che cerca soldi per il riarmo. Ai margari va affidata la manutenzione del territorio montano così come va promossa la filiera del latte con campagne di promozione sul valore nutrizionale delle proteine animali e dei prodotti ottenuti dal pascolo delle erbe di alta montagna. Inoltre va promosso il soggiorno in agriturismo d’alpeggio e l’acquisto dalla vendita diretta dai pastori. Ma in generale serve un’attenzione forte verso l’agricoltura alpina e promuovere le spinte all’innovazione. Se dovesse sparire alle nostre montagne rimarrebbero soltanto il dissesto, lo spopolamento, l’impoverimento economico".

Massimiliano Sciullo

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