“La festa della Fiom avrà come filo conduttore la guerra e un’economia che qualcuno vorrebbe fondare sulla guerra. Vogliamo denunciare con forza che in Palestina si sta commettendo un genocidio: bisogna chiamare le cose come stanno”. Così Edi Lazzi, segretario generale della Fiom di Torino e provincia, rompe subito il ghiaccio presentando l’edizione 2025 della Festa della Fiom di Torino.
Quattro giorni in Cartiera
Appuntamento dal 17 al 20 settembre presso la Cartiera di via Fossano 8, a Torino. Tanti gli ospiti: dalla politica al calcio (con Paolo Pulici), passando per la satira con Vauro e la musica.“Distribuiremo un documento realizzato dai nostri rappresentanti di Leonardo per chiedere un passo in più alle istituzioni, sul tema della Palestina. Bisogna sanzionare Israele e chiudere ogni rapporto economico con loro”.
L’aerospazio non basta
Intanto, dicono da Fiom, la guerra sta affossando l’economia. Studiate 741 aziende di Torino e provincia. “Se guardiamo il totale degli addetti, chi lavora in aerospazio rappresenta il 10,7% degli addetti torinesi. Gli altri lavorano in automotive, camion, siderurgia e altre varie. Dunque, l’aerospazio è una fetta significativa, ma piccola. Sbagliato pensare che si possa superare la crisi puntando solo sull’aerospazio. Così come non poteva funzionare pensare che bastasse il turismo. È una cavolata pazzesca pensare che le armi salveranno l’economia: non daranno crescita economica, ma nemmeno a Torino. Sbagliato poi è usare i soldi pubblici per costruire armi: quelle risorse bisognerebbe stanziarle per un rilancio dell’economia europea, la mobilità, lo spostamento delle merci e l’energia”.
Investire sull’auto
Resta aperto il tema Stellantis: “La 500 ibrida non basta e bisogna anche rilanciare le assunzioni per abbassare l’età media degli operai di Mirafiori. Il 69% dei lavoratori è stato interessato nel 2025 da cassa integrazione, di cui il 59% nel settore auto”.
Sempre più multinazionali
C’è poi una forte presenza straniera che sta emergendo nelle aziende torinesi. “Il 30% delle realtà produttive è una multinazionale e dentro danno lavoro al 40% degli addetti”.
Un processo che “sta generando cambiamenti su come le aziende vivono il rapporto e il legame con il territorio. Un tempo c’era senso di responsabilità, nonostante i conflitti. Ora prevale un capitalismo del ladro di passaggio: non vuol dire che le imprese sono ladre, ma la metafora vuole che se il ladro stanziale ruba metodicamente e poco, aspettando che la ricchezza si formi, qui è di passaggio depreda senza freno, come le cavallette. Le multinazionali estraggono tutto il valore che possono estrarre e poi vanno via. La Lear lo dimostra, per fare un esempio. Tante famiglie come Giugiaro che hanno venduto, ma anche PinFarina, Denso. Ora Iveco, Officine Vica, Graziano, Tubiflex, Te Connectivity”.
Dalle fabbriche al calcio: la figura di Pulici
Su questo tema “vogliamo dialogare con la politica, altrimenti sarà sempre di più l’economia a farla da padrone. E saremo destinati all’impoverimento continuo”. Anche per questo motivo ci sarà Paolo Pulici tra gli ospiti: “Icona di un calcio che non c’è più e che oggi è stato proprio depredato dalle multinazionali e dai fondi”.
E attenzione anche al ruolo delle donne: “Continuano a guadagnare di meno, magari con part time involontari e facendo fatica a fare carriera. Per noi, come sindacato, è un tema centrale che non si può sbandierare solo l’8 marzo. Nella contrattazione aziendale vogliamo porre richieste che vadano a colmare anche queste disparità”.