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Attualità | 11 ottobre 2025, 09:14

Il ricordo di Giorgio Tourn, pastore che continua a far riflettere

C’è chi ha letto tutti i suoi libri, chi cita i suoi sermoni e chi conserva gli appunti presi durante incontri e discussioni

Da sinistra Francesco Cossiga in visita al Museo Valdese di Torre Pellice nel 1989, Giorgio Tourn e Diego Novelli (foto Fondazione Centro culturale valdese)

Da sinistra Francesco Cossiga in visita al Museo Valdese di Torre Pellice nel 1989, Giorgio Tourn e Diego Novelli (foto Fondazione Centro culturale valdese)

Uno dei suoi ultimi inviti è stato di affrontare le esperienze lasciate tra parentesi, tanto nella vita individuale quanto in quella collettiva: ‘Le parentesi, come le esperienze che ti trovi sul percorso, vanno risolte, altrimenti il calcolo non procede, tutto resta bloccato così com’è’. Così scriveva Giorgio Tourn nel suo ultimo editoriale del notiziario di Rorà: era il mese di giugno del 2021 e si cominciava a vedere la luce in fondo al tunnel della pandemia da Covid, su cui l’autore invitava a riflettere. Ma sono tante le riflessioni che continua a suscitare il pastore valdese – morto nella notte tra domenica 5 e lunedì 6 ottobre – tra chi ha ascoltato i suoi sermoni e letto i suoi numerosi libri. Tourn aveva novantacinque anni ed è stato uno dei padri della Società di studi rorenghi e della Fondazione Centro culturale valdese di Torre Pellice. “Un uomo a cui non abbiamo mai smesso di chiedere consiglio... a nostro rischio e pericolo” sorride commossa al ricordo Doretta Zanella, presidente della Società di studi rorenghi.

Un museo e un Società studi per Rorà, dove era nato

“Giorgio poteva bacchettarti seriamente per un’opinione ma subito dopo apriva il dialogo arrivando anche a cambiare idea, se riuscivi a convincerlo. Per noi giovani di allora era un mito” continua Zanella. Nato a Rorà, Tourn aveva vissuto a Torino e all’estero, ma non aveva mai perso il legame con il suo paese d’origine. Consacrato pastore nel 1955, dopo aver prestato servizio a Massello, negli anni settanta si occupò della Chiesa valdese di Pinerolo e poi di Torre Pellice. A Rorà faceva parte di un gruppo di appassionati di storia che proprio in quegli anni creò il Museo valdese: “Assieme a lui c’erano altre persone, molte delle quali erano villeggianti storici. C’era mio zio, Roberto Morel, Dario Varese, Jean Pecoraro e Laura Gelso. Si respirava un’aria culturalmente frizzante e si organizzavano spesso serate dedicate alla storia” ricorda Zanella.

Proprio all’inizio degli anni Settanta il gruppo creò il Museo valdese di Rorà e fondò subito dopo l’associazione Società di studi rorenghi per la gestione della struttura. Negli anni ottanta la Società – di cui Tourn fu presidente fino a una quindicina d’anni fa – cominciò a pubblicare ‘Notizie da Rorà’. Lui scrisse con regolarità l’editoriale di ogni numero fino al 2021: “Li abbiamo raccolti tutti e cento in una pubblicazione che racconta un pezzo di storia di Rorà e dell’intera Italia”.

Il padre del Centro culturale valdese di Torre Pellice

Una delle idee di Tourn era proprio quella di partire dalla memoria locale per guardare a ciò che accadeva nell’intero paese e nel mondo. Slancio che lo portò a ideare e a fondare il Centro culturale valdese di Torre Pellice. “Cominciò a prendere forma nel 1989 in occasione delle celebrazioni per l’anniversario del Glorioso Rimpatrio del 1689. Giorgio allora era presidente della Società di studi valdesi e si adoperò con determinazione per cercare finanziatori e sostenitori per la sua nascita” racconta Davide Rosso, l’attuale direttore del Centro. Nel 1991 fu istituita la Fondazione per la gestione del Centro, di cui Tourn rimase direttore fino all’emeritazione, cioè al pensionamento dal suo lavoro di pastore. “Gli successe Donatella Sommani, ma lui rimase come presidente. Furono due trascinatori” ricorda Rosso.

Il loro obiettivo era salvaguardare la memoria e fornire alla comunità un luogo di elaborazione culturale: “Quando sono diventato direttore, attorno al 2014, entrambi si adoperarono per non farmi sentire il loro peso culturale e al tempo stesso non mi hanno lasciato da solo, erano sempre disposti al dialogo”. Di discussioni Tourn ne ha animate tante all’interno del Centro: “Era un uomo diretto e per confrontarti dovevi saper reggere la discussione ma con lui il dialogo era sempre produttivo” conclude.

Un maestro per generazioni di pastori

C’è chi conserva con cura gli appunti presi durante i discorsi e le chiacchierate con Tourn. È il suo collega Claudio Pasquet che in lui ha visto un maestro. Una delle prime volte in cui rimase stupito dell’oratoria di Tourn fu durante un campo estivo ad Agape: “Allora ero assistente ad un campo cadetti e lo vidi tenere incollati alle sue parole numerosi ragazzini. Sapeva come entrare nei temi esistenziali” racconta. Ciò che stupiva i colleghi era la capacità divulgativa: “Giorgio era un uomo di profondissima cultura storica e teologica ma che al tempo stesso riusciva a trasmettere le conoscenze in modo semplice e non banale” aggiunge Pasquet. Con le sue parole riusciva a far rivivere a chi lo ascoltava episodi della storia umana e di quella biblica: “Ci sembrava di vedere ciò che ci raccontava davanti ai nostri occhi e tutto si fissava poi nella memoria”. Ma Tourn si caratterizzava anche per la profondità della sua lettura dell’attualità: “Era capace di un sano pessimismo antropologico ma senza la virulenza che di solito viene attribuita ai protestanti. Lui ti invitava sempre a cercare un margine di intervento nella storia umana”.

Elisa Rollino

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