/ I corsivi di Virginia

I corsivi di Virginia | 22 ottobre 2025, 15:15

Bellezza ideale o illusione digitale

Quando i media plasmano la richiesta estetica

Bellezza ideale o illusione digitale

Viviamo in un’epoca in cui lo scroll incessante di feed visivi, volti ritoccati e “beauty filter” rende quasi banale l’idea che ciascuno possa diventare una versione “perfetta” di sé stesso. I social media, i video virali, le influencer che mostrano trasformazioni rapide stanno contribuendo a ridefinire il concetto di bellezza: non più come espressione individuale, ma come canone da raggiungere.

Nel contesto della medicina estetica, questo fenomeno alimenta desideri, aumenta il carico emotivo sui pazienti, crea aspettative difficilmente sostenibili. Ne nasce un rapporto di forte tensione fra ciò che il paziente spera di ottenere (spesso guidato da immagini idealizzate) e ciò che è possibile su quel paziente, sicuro ed etico.

Per comprendere meglio questo equilibrio delicato, abbiamo raggiunto il Dott. Massimiliano Giuliano, medico estetico con anni di esperienza nella comunicazione e nei casi complessi, per sondare i margini etici del confronto fra estetica, pubblicità e paziente.

Dott. Giuliano, che ruolo hanno oggi i social media nel determinare le richieste che riceve in studio?

"I social media esercitano un’influenza potente e capillare. Molti pazienti arrivano in studio con immagini estratte da Instagram o TikTok, chiedendo di replicare risultati visivi che sono spesso filtrati, ritoccati o idealizzati. Questo fenomeno crea una “dittatura dell’immagine perfetta” che può distorcere le motivazioni reali: non più il desiderio di migliorarsi in modo equilibrato, ma l’ansia di aderire a uno stereotipo condiviso. Il medico estetico diventa così anche un “interprete critico”: deve discernere la parte di desiderio autentico, dall’anelito influenzato da media, e aiutare il paziente a rivedere le sue aspettative in termini realistici".

Quando un’aspettativa diventa irrealistica? E come si gestisce quel momento in consulenza?

"Capita spesso che un paziente arrivi con un’idea molto precisa del risultato che vuole ottenere — magari ispirata a un volto visto sui social o a un effetto mostrato da un influencer. Il problema nasce quando quell’immagine non è compatibile con la realtà biologica e strutturale della persona. In quei casi l’aspettativa diventa irrealistica, perché ignora elementi fondamentali come la morfologia del viso, la qualità della pelle o i limiti naturali dei tessuti. In studio, la cosa più importante è fermarsi e dialogare. Spiegare con parole semplici cosa si può ottenere e cosa no, far vedere esempi realistici, illustrare i rischi di forzare i risultati. Non è mai una questione di dire solo “sì” o “no”, ma di accompagnare il paziente a comprendere cosa sia davvero giusto per lui. A volte, quando percepisco che dietro la richiesta c’è più una pressione esterna o un disagio profondo che un desiderio autentico, preferisco rimandare o consigliare un percorso più graduale. L’etica, in questi casi, è la vera forma di cura".

Ci può parlare del concetto di “routine estetica” e del pericolo che la medicina estetica diventi un’abitudine consumistica?

"Sì: il rischio è che la medicina estetica non sia più percepita come un percorso medico personalizzato, ma come una serie di tappe obbligatorie da seguire, una “routine” estetica alla stregua del peeling settimanale o della crema antirughe. In questo scenario, l’intervento perde la sua valenza di scelta consapevole e diventa un’abitudine: l’effetto “normale” su cui si misura ogni imperfezione. Così si alimenta un circuito in cui il paziente sente che deve farsi qualcosa continuamente per non “retrocedere”. Il medico etico deve contrastare questo approccio proponendo solo gli interventi che hanno senso, mantenendo un dialogo continuo sul perché, sui tempi, e sui limiti naturali del corpo".

In che modo un medico estetico può aiutare i pazienti a sviluppare una percezione più consapevole e autentica di sé, andando oltre i modelli imposti dai social?

"Credo che oggi, più che mai, il medico estetico debba assumersi una responsabilità educativa, non solo clinica. Le persone arrivano spesso condizionate da immagini perfette, e il primo passo è aiutarle a capire che ciò che vedono online non è realtà, ma rappresentazione. Bisogna tornare al dialogo, alla spiegazione, alla trasparenza: far vedere risultati veri, non patinati, parlare dei limiti biologici e dei tempi necessari per ottenere un miglioramento armonico, senza promettere “miracoli da filtro”. È anche importante che il medico comunichi in modo etico, evitando di cavalcare i trend del momento o di pubblicare contenuti che alimentano l’ansia da confronto. Al contrario, un professionista può essere un punto di riferimento positivo, promuovendo un’estetica più naturale, personale, e soprattutto sana — quella che valorizza e non snatura. In fondo, la medicina estetica dovrebbe far star bene con sé stessi, non inseguire il volto o il corpo di qualcun altro. L’era dell’immagine digitale ha reso la bellezza un obiettivo più visibile ma anche più volatile, imposto da algoritmi e trend visivi. Nel campo della medicina estetica, il divario fra desiderio estetico mediato e realtà biologica personale è oggi più evidente che mai".

Dott. Giuliano, come immagina il futuro della medicina estetica in un’epoca in cui l’autenticità sta lentamente tornando di moda?

"Credo che stiamo attraversando una fase di transizione molto interessante. Dopo anni dominati da modelli estetici uniformi e da una corsa all’omologazione, noto sempre più pazienti che chiedono risultati naturali, delicati, che rispettino le proporzioni originali del viso. È come se ci fosse un ritorno al desiderio di riconoscersi, di piacersi senza cancellarsi. La medicina estetica del futuro sarà quella capace di interpretare questa nuova sensibilità: meno “trasformativa”, più “in armonia”. Userà tecniche rigenerative, trattamenti su misura, protocolli combinati che non puntano alla perfezione, ma all’armonia. E anche la comunicazione cambierà: meno marketing aggressivo, più informazione, più trasparenza. Se sapremo accompagnare questo cambiamento con serietà e ascolto, la medicina estetica diventerà sempre più uno strumento di benessere e consapevolezza, non solo di bellezza".

Premesso tutto questo, l’etica non è un’aggiunta: è l’ago della bilancia che tiene il paziente e il professionista ancorati alla realtà. Il compito del medico estetico va oltre la tecnica: è educare, guidare, suggerire alternative, talvolta rifiutare quando serve. Solo così la medicina estetica può restare uno strumento di benessere, non un’illusione da rincorrere.

Virginia Sanchesi

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A OTTOBRE?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare 2024" su Spreaker.
Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore|Premium