Prosegue la campagna simbolica del gruppo Ultima Generazione a sostegno dell’imam Mohamed Shahin, trattenuto nel Cpr di Caltanissetta in attesa di espulsione. Dopo la prima azione del 6 dicembre — quando un cartello con la scritta “Deportato Mohamed Shahin libero” venne legato alla statua di Carlo di Robilant — nella serata di ieri gli attivisti sono tornati a colpire.
Tre le statue coinvolte questa volta: “Eco” di Marc Didou davanti a Palazzo Nuovo, Santa Barbara sotto l’Arco all’Arma di Artiglieria, e quella di San Giuseppe Cafasso, noto come il “prete dei condannati”, raffigurato mentre accompagna un detenuto alla forca. Un gesto dal forte valore simbolico: Cafasso è patrono dei carcerati e figura centrale nella storia della giustizia e del perdono.
Ogni statua è stata incatenata con un cartello recante il nome dell’imam e un invito alla liberazione. La novità rispetto alla precedente iniziativa è la diffusione di video, allegati alla cartella stampa, che documentano l’intera azione notturna degli attivisti.
"A questo punto - affermano gli attivisti - dovremmo forse aspettarci l’espulsione delle centinaia di migliaia di persone scese nelle piazze negli ultimi mesi per denunciare le stesse ingiustizie? Shahin è solo la punta dell’iceberg. Ogni giorno persone vengono espulse in nome di una finta ‘sicurezza’. Il vero pericolo non sono loro: è un governo che, sul genocidio in Palestina, sa di essere dalla parte sbagliata e colpisce chiunque osi dirlo".
Le due notti consecutive di azioni sulle statue potrebbero non rimanere isolate. "Non è detto che saranno le ultime", affermano gli attivisti. L’immagine delle statue incatenate – già due volte, forse ancora in futuro – vuole ricordare che una violenza come la deportazione di Shahin non può passare sotto silenzio, né essere giustificata in nome della cosiddetta sicurezza."















