Madrid è la mia seconda casa. Tante cose mi legano alla città e alla sua gente. Quando ho saputo che la Finale di Champions si sarebbe giocata lí, non ho avuto esitazioni.
Ho prenotato il volo il giorno dopo il sorteggio, tra la felicità e le risate dei miei amici madrileni, che ben felici del mio futuro arrivo, mi auguravano la finale con la loro squadra, ben consci del ‘karma’ che ci accompagna.
Il destino ha riservato, ad entrambi, una sorte diversa.
Nonostante l’esclusione della Juve, legami di amicizia di lunga data, mi hanno spinto all’ombra del Palacio Real.
I sostenitori de ‘Los Merengues’ mi hanno accolto con enfasi. Per loro una coppa in più o una in meno, non incide nel loro palmarès. Mentre vedere l’umiliazione dell’Atletico a Torino, è valsa per loro una finale.
Le risa e le battute sul Cholo si sono sprecate a iosa e diverse sono state le birre bevute a ricordo dell’evento.
Atterrato a Barajas, ero ben conscio dell’onda britannica che avrebbe da lì a poco invaso ‘La Capital’. Non senza qualche ritrosia di fondo. E, devo ammetterlo, con una certa repulsione a tutto ciò che è inglese. Un retaggio che mi porto dentro dal lontano 1985 e mai sopito.
Volevo però capire e vedere cos’era rimasto di quel loro modo d’essere, tanto pavoneggiato nei decenni scorsi.
Ho la risposta: Niente.
Tra comitive di asiatici, carovane di arabi e pullman di indiani, tutti in maglia rigorosamente dei ‘reds’, ho incrociato i primi britannici verso le 10 della mattina in Puerta del Sol. Identificabili non solo dalla carnagione della pelle, ma per la stupidità nel pagare 4 euro un bicchiere di Heineken, quando a ridosso di Plaza Mayor acquistavi a 1,50-2,00 euro una pinta di ottima Mahou, di produzione locale.
Mentre le atmosfere latine proferivano dal palco del ‘Champions League Festival’ il centro si inondava delle due tifoserie, più attente a comprare magneti con piatti di paella che a sfottersi tra di loro.
Il porta carta di credito della ‘Master Card’ era il trofeo più ambito, insieme al cappellino azzurro di paglia della catena Radio ‘Ser’.
Sotto un sole caliente e in strade affollate, i bagarini facevano il loro mestiere, non senza le attenzioni della Policia Nacional, prodiga a intervenire con energia alla minima avvisaglia.
A una certa ora del pomeriggio, li ho lasciati a un destino che non mi apparteneva, preferendo l’atmosfera tipicamente spagnoleggiante di un antico ‘barrio madrileno’, sconosciuto ai portatori dell’Union Jack.
La partita l’ho vista in Tv, dinanzi a paella, jamon e tortilla, preferendo non assistere all’epilogo della Maledetta alzata al cielo. Perché la loro gioia non mi appartiene.