Cattolici, valdesi, ma anche ebrei, senza dimenticare l’islam. C’era buona parte del panorama religioso mondiale, idealmente seduto alla tavola rotonda che questa mattina, alla Scuola di Management ed Economia, si è riunita nel segno di “Impresa, etica e solidarietà", ovvero un viaggio attraverso i diversi approcci del fare business al variare della visione dal punto di vista della Fede.
Tante le differenze, ovviamente, ma sono soprattutto tre i punti in comune emersi dal confronto - coordinato dal professor Giovanni Ossola dell’Università di Torino – la centralità della persona, i valori fondamentali (come giustizia, libertà ed equità) e la percezione del profitto come elemento trasversale, ma che deve essere sempre ricercato in equilibrio con il perseguimento, in parallelo, del bene comune.
All’incontro erano presenti il rav Alberto Moshe Somekh (rabbino della Comunità Ebraica di Torino), il monsignor Alfonso Badini Confalonieri (vescovo di Susa), il pastore Eugenio Bernardini (moderatore della Tavola Valdese), la professoressa Roberta Ricucci (Università di Torino) e Marco Di Giacomo (Etica SGR spa). A introdurre i lavori sono intervenuti anche il rettore dell’Università di Torino, professor Gianmaria Ajani e il professor Valter Cantino, direttore del Dipartimento di Management.
“La Bibbia – ha detto il rabbino Alberto Moshe Somekh - non prescrive alcun sistema politico ed economico particolare e non interviene nell'assetto che di volta in volta gli uomini danno alla società. Tuttavia sempre la Bibbia fonda le relazioni sul dovere e non sull’interesse. Addirittura la parola “diritto” è sconosciuta nel linguaggio ebraico biblico”. “Ben chiari, invece, sono i concetti di onestà, di responsabilità e di trasparenza. Addirittura è proibito far credere alla controparte di averle fatto un favore, quando non è così. A nessuno è concesso di limitare la corretta capacità di business. E giustizia e solidarietà sono vincoli precisi, trascurarli è una trasgressione vera e propria”.
Concetti non distanti da quelli espressi anche dal rappresentante del Cattolicesimo, monsignor Alfonso Badini Confalonieri: “Tutte le religioni hanno al Centro la persona. La finalità è differente dai mezzi che utilizziamo per raggiungerla – ha detto il vescovo di Susa. E ha aggiunto -. Le parole chiave sono due: l’etica e la morale, anche se oggi è scesa molto di livello. Ecco perché, se un’azione etica va verso il bene comune, allora etica e impresa hanno bisogno di finalizzare l'attività per il bene delle persone. Ma l'economia di per sé è neutra: buone o cattive sono le decisioni dei singoli, di nuovo perché le religioni hanno al centro le persone che scelgono. Oggi dobbiamo tornare ad avere al centro le persone”.
Per quanto riguarda il Protestantesimo, il pastore Eugenio Bernardini ha sottolineato come “il problema delle dottrine è che bisogna applicarle, oltre che declamarle. E ci sono molte differenze nel comportamento tra un Paese e l’altro, in Europa dell’Est piuttosto che in Germania o nel mondo anglosassone. La cultura protestante, tuttavia, è caratterizzata dal significato delle opere: non per salvarsi, ma devono essere per il bene del prossimo. Il lavoro diventa la vocazione del credente e con uguale valore per ogni tipo di lavoro a seconda della sua vocazione. Nessun distinguo tra posizione sociale e di lavoro. Il lavoro si poggia, o almeno dovrebbe, su cultura e istruzione”.
Il focus sull’Islam è stato garantito dalla professoressa Roberta Ricucci: “Siamo ormai a oltre 40 anni di flussi migratori di islamici in Italia e accanto agli arrivi si sono generati processi di inserimento che si consolidano nel tempo tra le generazioni. I ricongiungimenti familiari proseguono e la progressiva europeizzazione spesso si contrappone alla percezione dell’invasione musulmana. Per quanto riguarda il rapporto tra etica ed economia, il cosiddetto homo islamicus, per cui i rapporti economici sono iscritti e conformi alle fonti sacre, si contrappone all’homo economicus e al suo agire razionale, ma al tempo stesso orientato per raggiungere una propria utilità, un proprio profitto”. Esistono quattro principi fondamentali, nell’Islam: “Il divieto della riba (interesse) e il principio della condivisione del rischio e del rendimento, il divieto di speculare (maysir) e di introdurre elementi di incertezza nei contratti (ghàrar), la distribuzione equa della ricchezza e la proibizione dell’uso, commercio o investimento in beni o attività proibite (haram)”.
Insomma, ci sono – a dispetto delle grandi divisioni che si percepiscono nel mondo, ai giorni nostri come in passato – più similitudini che differenze, alla radice religiosa delle cose. E tra coloro che cercano di declinare questi principi, al di là del riferimento di fede, ci sono gli attori della cosiddetta “finanza etica”. “Si tratta di un approccio in cui si considera l’uso del denaro un mezzo e non uno scopo, avendo come riferimento la persona umana – ha detto Marco Di Giacomo (Etica SGR S.p.A.) – opponendo l’economia civile a quella egoista dove si massimizzano i profitti individuali e poco importa dell’ambiente, della concorrenza e del mercato libero, generando però esclusione, polarizzazione di ricchezza e così via”. “Nei suoi 15 anni di attività, con l’appartenenza al Gruppo Banca Etica, Etica sgr seleziona con rigore i partner e gli interlocutori, applicando valori di trasparenza, coerenza, responsabilità, sobrietà, solidarietà e partecipazione. Si punta a un investimento sostenibile e responsabile, che nel lungo periodo porta risultati decisamente più apprezzabili”. Questo vuol dire, per esempio, nessun rapporto con imprese che operano in armi, tabacco, gioco d’azzardo e simili. Si punta invece su chi opera nel rispetto dell’ambiente, del sociale e dei diritti umani.