Quasi ciclicamente si ripropone il tema della navigazione fluviale del tratto torinese del fiume Po, con sortite talvolta estemporanee.
Negli ultimi vent’anni si sono succedute diverse proposte, e l’ultima, che prevede la circolazione di imbarcazioni elettriche a libera fruizione, è apparsa ai primi di dicembre, per iniziativa di due Assessori della Regione Piemonte, non è condivisa dalle principali associazioni e circoli remieri, che praticano quotidianamente le loro attività sportive sul fiume, né dalla Città di Torino. Per il momento non si conosce un progetto vero e proprio che possa essere valutato, salvo generiche indicazioni di natanti a motore elettrico, proposti da un gruppo di imprenditori, per trasportare un numero limitato di persone nel tratto urbano del Po fino a Moncalieri.
Pro Natura Torino ritiene necessario anticipare alcune considerazioni generali. E’ tramontata l’ipotesi di rendere praticabile la navigazione a motore di grossi natanti sul Po tra Torino e San Mauro, da cui derivava l’infausta scelta di collocare una centrale idroelettrica in corrispondenza della Diga Michelotti, e di costruire una serie di conche per la navigazione come se il Po fosse un qualsiasi canale navigabile, e l’illusione di trovare finanziamenti dell’Unione Europea per 15 milioni di euro al fine di rendere navigabile il Po da Moncalieri a San Mauro.
L’alluvione del novembre 2016 ha rivelato anche le inadeguatezza dei battelli Valentino e Valentina, miseramente “naufragati”, che hanno trasportato un numero limitato di turisti, senza che siano conosciuti i costi reali sostenuti da GTT per tale servizio turistico, che è venuto a gravare sui suoi critici bilanci. Al tempo stesso gli attracchi fluviali sul Po, dai Murazzi a Moncalieri, realizzati all’inizio degli anni Duemila, sono abbandonati, mentre interventi sistematici di pulizia dell’alveo non trovano copertura finanziaria. Il perdurare per mesi del regime di magra, dimostra che la risorsa idrica del Po è sottoposta ad uno sfruttamento eccessivo, e che il fiume non è atto a sostenere progetti di navigazione a motore che hanno comportato ingente spreco di risorse pubbliche.
Il progetto attuale è “più leggero”, con battelli elettrici di carico limitato e pescaggio ridotto. Tuttavia in assenza di regole e di precise norme di sicurezza sta giustamente suscitando molte critiche tra le società remiere: ricordiamo il conflitto tra i due battelli fluviali e la pratica sportiva, anche per l’onda che questi provocavano navigando nel centro del fiume; il noleggio libero di battelli elettrici rischia di creare un altro tipo di conflittualità. Il Po durante la settimana è utilizzato da centinaia di canottieri, e da molti giovani che si avviano alla pratica sportiva, che comunque sono seguiti da esperti istruttori che conoscono le regole, le correnti, la situazione dell’alveo (spesso ostruito dai detriti delle piene). Battelli elettrici da diporto, senza conduttori, abbandonati magari all’improvvisazione degli utenti, rischierebbero di creare il caos, con rischio di collisioni e incidenti.
E’ vero che in precedenza, tra gli anni ’50 e gli anni ’70 esistevano svariate attività di noleggio barche a remi, ma la pratica sportiva era limitata e i titolari degli imbarchi dovevano munirsi del brevetto di salvataggio. Oggi il Po è un grande “bacino di canottaggio” che si prolunga per 7 km dalla Gran Madre fino a Moncalieri, ed è ormai noto a livello internazionale nelle competizioni sportive. Ciò non vuol dire che il fiume debba essere inibito ad altri utenti, ma bisogna rifuggire dall’improvvisazione. Qualsiasi proposta va concertata tra gli Enti che hanno competenza sul Po, a partire dalla Città di Torino, insieme con i circoli remieri, e non può essere vista soltanto nell’ottica della fruizione turistica o commerciale. Purtroppo il fiume resta abbandonato a sé stesso, e nessuno interviene in modo sistematico per la manutenzione ordinaria dell’alveo e delle sponde.
Così, a distanza di più di un anno dall’alluvione del novembre 2016, il percorso pedonale della sponda destra, da Moncalieri al Ponte Balbis, in gran parte compromesso dagli smottamenti e dichiarato inagibile, resta interdetto. L’unico intervento ad oggi finanziato dalla Regione (e solo in parte) è il ripristino del tratto franato in sponda sinistra sotto il Museo dell’Auto, e per il resto non vi è alcuna risorsa a bilancio. Forse chi ha esaltato il progetto VenTo per la sua valenza ciclo- turistica dovrebbe dare la priorità a questi interventi di recupero della percorribilità spondale, invece di proporre progetti fantasiosi di navigazione fluviale.
In ogni caso Pro Natura Torino ritiene opportuno che anche le associazioni di tutela ambientale vengano consultate e coinvolte nei progetti che incidono sull’ambiente fluviale.












