Prosegue il viaggio nella storia delle Olimpiadi invernali che Torinosportiva.it ha scelto di proporre ai suoi lettori, affidando i comandi al 94enne di origini frabosane Pietro Tassone, grande esperto in materia e campione nel 1957 di "Lascia o Raddoppia". Grazie ai suoi ricordi enumereremo medaglie, racconteremo aneddoti curiosi e vi accompagneremo durante i Giochi di Pyeongchang 2018.
SARAJEVO 1984
LOTTA CONTRO IL METEO - La quattordicesima edizione delle Olimpiadi invernali si svolse nel 1984 a Sarajevo, all'epoca in Jugoslavia (oggi è la capitale della Bosnia-Erzegovina), e vide un grande afflusso di atleti: furono 1273 gli iscritti (74 italiani), provenienti da 49 nazioni diverse. 39 in tutto i titoli assegnati, con l'introduzione nel palinsesto a cinque cerchi della 20 chilometri di fondo femminile, vinta, per la cronaca, dalla finlandese Marja-Liisa Hämäläinen, la quale centrò una storica tripletta, dominando anche la 5 e la 10 chilometri. I Giochi, tuttavia, furono pesantemente penalizzati dalle condizioni meteorologiche avverse, che crearono parecchi grattacapi, soprattutto per ciò che concerne lo sci alpino; la discesa libera maschile, infatti, subì tre rinvii, mentre quella femminile fu annullata e disputata ex novo.
PAOLA MAGONI, L'ORO CHE NON TI ASPETTI - A Sarajevo l'Italia non fece incetta di podi, confermando la parziale crisi di risultati in cui era piombata quattro anni prima negli Stati Uniti d'America. Anche questa volta, infatti, arrivarono soltanto due medaglie, ma entrambe d'oro: a vincerle furono lo slittinista Paul Hildgartner (già argento a Lake Placid 1980 e oro a Sapporo 1972 nel doppio con Walter Plaikner) e la sciatrice Paola Magoni. Quest'ultimo successo, in particolare, non fu minimamente preventivato; la 19enne bergamasca, infatti, si presentò al cancelletto di partenza senza mai aver conseguito un podio in Coppa del Mondo (non era mai andata oltre il sesto posto) e la quarta posizione ottenuta al termine della prima manche fece già gridare al miracolo. Poi, accadde l'imponderabile: nella seconda frazione il tracciato fu avvolto dalla nebbia, ma questo non ostacolò le velleità di trionfo della giovane azzurra, che sbaragliò la concorrenza con una performance inenarrabile e divenne la prima sciatrice italiana a conquistare un oro olimpico. Fu l'anno della "new generation", considerato che anche la discesa libera fu vinta da una teenager (l'elvetica Michela Figini, 18 anni).
PAOLO DE CHIESA, UN SALUZZESE ALLE OLIMPIADI - A Sarajevo, così come a Lake Placid quattro anni prima, fra gli slalomisti azzurri figurava anche Paolo De Chiesa, nato a Saluzzo il 14 marzo 1956 e, dunque, cuneese doc. Nonostante i buoni risultati ottenuti in carriera (12 in Coppa del Mondo, 3 argenti e 1 bronzo ai campionati italiani), non instaurò mai un gran feeling con la rassegna a cinque cerchi, tanto che in entrambe le edizioni gareggiò soltanto nello slalom speciale, uscendo nella prima manche. Anche dopo il ritiro dalle competizioni, datato 11 marzo 1986, continuò a seguire lo sci da un punto di vista giornalistico, lavorando per diverse emittenti televisive e scrivendo per riviste specializzate. Dal 1993 è la seconda voce nelle telecronache targate Rai: ha affiancato, nell'ordine, Furio Focolari, Carlo Gobbo e Davide Labate.