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Attualità | 01 ottobre 2018, 06:56

Salone del Gusto, un passo indietro

Pensieri e sensazioni alla fine dell'edizione 2018 della manifestazione torinese dedicata al cibo

Salone del Gusto, un passo indietro

Alla fine del Salone del Gusto di quest'anno ho avuto una brutta sensazione e la voglio esternare perché fin dal suo sorgere ho amato questa manifestazione. È un fiore all’occhiello del nostro Piemonte.
Quanto era stata più bella l’edizione del 2016 quando la kermesse era itinerante per la città, forse più caotica ma senz’altro più coinvolgente. Essere tornati al chiuso, nel freddo e inospitale Lingotto (nemmeno uno straccio di moquette per terra) è stato un passo indietro. Certamente brutto.

È stata una scelta obbligata, mi aveva detto mesi fa il patron della manifestazione, Carlin Petrini. Dopo la tragedia di piazza San Carlo del 3 giugno 2017, è diventato tutto più difficile, quasi impossibile organizzare eventi all’aperto a Torino. Ma, al di là della location, anche nei contenuti il Salone del Gusto dovrebbe tornare agli albori.
Visitando gli stand, nelle prime edizioni, incontravi solo prodotti di nicchia, presidi Slow Food, rarità che non avresti trovato altrove. Adesso appare prevalentemente una carrellata di stand, qualche eccellenza certo è presente, ma la connotazione è più quella di una fiera commerciale come tante altre. Che peccato.

Ma sono fiducioso. Conoscendolo bene, so che anche Carlin Petrini non è soddisfatto. Lo ha fatto capire nella conferenza stampa finale annunciando grandi novità per il prossimo appuntamento del 2020. La strada inoltre è già tracciata. Basta copiare da Terra Madre, la manifestazione sorella del Salone del Gusto. Lí la si respira davvero aria fresca, un mondo nuovo, un modo possibile di celebrare il cibo e la sua cultura.

Occorre tornare per le strade, fra la gente. Il cibo è comunità e comunione. Ce l’ha insegnato proprio Carlin Petrini.


Beppe Gandolfo

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