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Economia e lavoro | 17 aprile 2019, 07:57

Il Pinerolese raduna le forze per spezzare le catene dalla dipendenza da petrolio: nasce la prima "Oil free zone" d'Italia e sfida la burocrazia

Sono 25 i Comuni che si alleano sotto le insegne di CPE e Acea per diventare una comunità energetica fondata su sole fonti rinnovabili. Carcioffo: "Presto saranno 40 o 50"

Il Pinerolese raduna le forze per spezzare le catene dalla dipendenza da petrolio: nasce la prima "Oil free zone" d'Italia e sfida la burocrazia

"Se il Piemonte è la prima regione in Italia che permette di realizzare comunità energetiche, noi vogliamo che il Pinerolese sia il primo territorio a esserlo per davvero, liberandosi dalla dipendendenza dal petrolio e dai suoi derivati".

È un record, ma anche un traguardo importante quello che vede 25 Comuni del Pinerolese e che viene spinto da Acea Pinerolese Industriale e CPE, Consorzio Pinerolo Energia, di cui Acea è capofila. "Sono convinto che a breve arriveremo anche a 40-50 Comuni - assicura Francesco Carcioffo, ad di Acea e presidente di CPE - ed essendo la nostra azienda di proprietà dei Comuni, è significativo vedere questa unità di intenti tra amministrazioni diverse per colore politico".

Il punto di partenza, inevitabilmente, è composto proprio da Acea e CPE, che già rappresentano una forma di "rete" e di alleanza tra i diversi municipi, per lo sviluppo della zona nel suo insieme. "Nel Pinerolese a volte manca la voglia di scommettere su se stessi e noi vogliamo dare sostegno proprio su questo. Anche perché al nostro fianco non ci sono solo grandi aziende, ma addirittura la Diocesi".

E infatti, in prima fila (non solo in senso metaforico), c'è il vescovo di Pinerolo, Derio Olivero. "Siamo in un'epoca in cui sta cambiando il paradigma di riferimento e dunque stiamo scrivendo una nuova civiltà. E un anno come questo va proprio in quella direzione. Dobbiamo imparare a esserci, dove si scrive una nuova civiltà". E ricorda: "Quando ci fu la crisi energetica, eravamo completamente dipendenti dalle fonti fossili. Ora molte cose sono cambiate, ma bisogna concretamente fare qualcosa, come comunità e come Comuni".

L'anima "tecnica" dell'intera iniziativa è Angelo Tartaglia, pinerolese e docente di Fisica al Politecnico. "La oil free zone è una realtà regolata da una legge nazionale del 2015 (la 221, ndr) - spiega - e che prevede la sperimentazione di soluzioni tecnologiche e di gestione per ridurre e poi eliminare la dipendendenza da combustibili fossili". Ma l'impegno non riguarda solo l'energia: "Si parla anche di sostenibilità in senso ampio, dunque svolgendo tutte le attività in equilibrio con le zone circostanti". Un altro termine chiave è l'autoconsumo, ovvero la capacità di produrre ciò che si consuma, insieme al ricorso massimo alle risorse disponibili sul territorio.

Si delinea così il concetto di "Comunità energetica", traiettoria intrapresa a inizio '900 ma poi progressivamente abbandonata. Il traguardo è quello di dare vita a un'associazione di produttori e consumatori di energia (anche quando sono la stessa persona o ente) con la finalità di soddisfare i propri bisogni. "La legge indica anche che la comunità non abbia finalità di lucro, quindi senza obiettivi di vendita di energia ad altri e gli utili devono essere reinvestiti o distribuiti a beneficio di tutti i soci", aggiunge Tartaglia. 

La zona coinciderebbe con l'area 5 della città metropolitana, per una popolazione di 150mila abitanti e un territorio di 1350 chilometri quadrati, dove spicca Pinerolo, ma dove buona parte della superficie è montana. 

"Fin qui è stata realizzata una bozza del Piano energetico del territorio, con giovani laureandi del Politecnico, raccogliendo dati di consumo dalle imprese - racconta Tartaglia - e si sta lavorando anche su capacità di produzione e fabbisogni dei Comuni. Inoltre si stanno valutando i parametri di valutazione, ma la parte più difficoltosa di tutte non è tecnica, ma giuridico-legale".

Per ora, i dati dicono che solo il 7% dell'energia consumata sul territorio è anche prodotta qui. E si salirebbe a sfiorare il 10 con l'idroelettrico. Di tutto ciò, il 73% è consumato in zona. Tra gli effetti, prevedibilmente, si contano la diminuzione di emissioni di CO2 in atmosfera e una migliore salute pubblica. Inoltre, si prevede un aumento dell'occupazione e una crescita a responsabilità sociale.

"La strada è lunga - conclude Tartaglia - perché a fronte di una legge regionale in materia non esiste una legge nazionale e questa forma di comunità non è prevista. E il nodo sta sulla rete di distribuzione, che non è di proprietà dei Comuni ma che vede grossisti dell'energia operare sul mercato e che assolvono a compiti legati a contatori e bollette". "Vogliamo ragionare su una chiave interpretativa che prevede che, se certe cose non sono vietate dalla legge, allora si possono fare. Si pensa a un progetto pilota, che potrebbe condurre il tentativo e fare osservare i risultati. Intanto quel che si può fare è unirsi in una realtà produttiva di energia che produce per vendere e al tempo stesso associarsi in un gruppo di consumo e acquisto. Inoltre, con Acea, abbiamo anche un'anima che si occupa di distribuzione".

Il cerchio dunque ai chiuderebbe alla perfezione (e senza utili) e ci sono i primi assensi da Arera, l'autorità di regolazione per le reti e l'energia. Anche con l'accortezza di ricorrere alla forma di cooperativa che consente la partecipazione sia dei privati che del pubblico, dunque i Comuni. 

Mentre un altro dubbio riguarda il momento di acquisto di energia da parte dei Comuni: la legge impone che si compri tramite Consip, ma si sta tentando la strada della fornitura in house, essendo il Comune parte della Comunità energetica in cui c'è anche Acea, multiutility di proprietà. 

A livello nazionale, esistono sinergie possibili con cooperative e consorzi "storici" che hanno cercato in passato di percorrere la stessa strada imboccata dalla Comunità energetica del Pinerolese. Dalla Sardegna (i Comuni di Benetutti e Berchidda) alla Valle d'Aosta (con il caso Chamois), passando anche per altre regioni e territori nel Nord Est. "Probabilmente i contrasti cresceranno man mano che diventerà evidente l'entità del cambiamento iniziato e se ne percepiranno gli effetti sul mercato dell'energia, oggi con grandi produttori e fondato sull'insostenibilità".

"L'idea è magnifica, ma bisogna realizzarla nella pratica - commenta Carcioffo - ecco perché serve l'impegno di tante strutture, persone e istituzioni".

"È una questione soprattutto etica - conclude Luca Mercalli, meteorologo e climatologo - e se si ritiene che i principi sono corretti e da perseguire, allora bisogna impegnarsi per rimuovere tutto gli ostacoli burocratici che sono stati frapposti col tempo".

Massimiliano Sciullo

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