“Per il MoVimento 5 Stella la Tav era e resta un’opera dannosa”. E’ questo in sintesi il pensiero che Luigi Di Maio ha affidato ieri sera Facebook, a poche ore dalla conferenza stampa in cui il Premier Giuseppe Conte ha dato il via libera del governo alla Torino-Lione. Il Presidente del Consiglio ha detto che “non farla costerebbe più di farla”, gelando le speranze di chi sperava in ancora in uno stop e segnando un altro punto a favore della Lega nella coalizione gialloverde.
E’ vero, come ha ricordato Conte e fa anche Di Maio, che l’ultima parola spetta al Parlamento. Ma è altrettanto evidente che la maggioranza dell’assemblea legislativa è a favore dell’opera e ai grillini di Palazzo Montecitorio e Madama resterà la vittoria di Pirro di votare no all’Alta Velocità, per salvare almeno la faccia. Perché il sì alla Tav è l’ultimo pilastro fondativo del M5S, in ordine di tempo, che si sgretola dopo il decreto sicurezza, il salvataggio di Salvini dal processo per la Sea Watch e l’apertura al terzo mandato.
Di Maio in serata prova a ricucire con la base, scaricando la responsabilità sul Parlamento di avvallare “un progetto vecchio di circa 30 anni”, facendo un “regalo a Macron”, e accusando poi l’Europa di aumentare i finanziamenti per l’Alta Velocità all’Italia, ma “parecchi soldi andranno ai francesi”.
Il vicepremier ribadisce il no del M5S alla Torino-Lione, annunciando di presentare un atto “per dire che le priorità sono altre, un atto che non è altro che il cambiamento che abbiamo promesso: entrare al governo e decidere diversamente da come avrebbe deciso un Pd o un Berlusconi qualsiasi”.
“Non abbiamo paura di restare soli, -continua Di Maio - siamo sempre stati soli davanti ai partiti ed è sempre stato motivo di orgoglio. Avremmo anche potuto governare da soli, se tutti gli altri non si fossero messi d’accordo per fare una legge elettorale, poco prima del voto, che ci impedisse di guidare autonomamente il Paese”.
“Questo è un no forte, convinto, deciso. Uno di quei NO che fanno bene. Sappiamo di stare dalla parte giusta della storia. Qui lo sviluppo non c’entra un bel nulla, qui gli interessi sono altri” conclude il vicepremier.